Arriva da Mario Barwuah Balotelli una pesante critica rivolta al primo senatore nero (o negro, come lui si è autodefinito con orgoglio) della storia della Repubblica italiana.
“Forse sono cieco io o forse non gliel’hanno detto ancora che è nero”, ha scritto sul social network, sopra a una fotografia che ritrae Iwobi insieme a Matteo Salvini. E poco sotto: “Ma vergogna!!!”.
“Balotelli, non mi piaceva in campo, mi piace ancor meno fuori dal campo”, risponde Matteo Salvini, anticipando il diretto interessato dalle critiche. “Preferisco ignorarlo in questo momento. Non mi interessa quello che scrive, ne ho abbastanza delle polemiche: voglio pensare al mio territorio e al nuovo compito che mi hanno affidato. Lui è un grande giocatore e rimarrà tale, spero che si limiti a fare il suo bel lavoro, visto che è portato a farlo”.
“I radical-chic viziati con il portafoglio pieno sono andati in cortocircuito per l’elezione del nostro Toni Iwobi”, rincara la dose Simona Bordonali, assessore uscente alla Sicurezza in Lombardia e ora deputata. E uno stoccata arriva anche dall’ex campione di calcio Sandro Mazzola, neo-senatore. “Ha detto una cosa che non va, una cosa non giusta”.
Salvini ha scelto Iwobi per dimostrare di non essere razzista. Come se farsi sostituire dagli africani non lo fosse, contro il proprio popolo. Non è servito a nulla, i radical chic continueranno a definirlo razzista, e a definire Iwobi il ‘suo nero’: anzi, ti rende succube dell’idea dominante che i popoli siano intercambiabili.
Sia chiaro: Iwobi è persona ottima, ma non è italiano. Non più di quanto Salvini sarebbe cinese se si fosse trasferito a Pechino un paio di decenni fa.
Il problema non è un ‘senatore di colore’ in sé. Il problema è che in questo modo cedi all’ideologia che essere italiano sia solo un fatto di ‘soli’ e non di ‘sanguinis’. Quando ne metti uno, non c’è più barriera ideologica per dire no a milioni. Diventa solo una questione ‘quantitativa’ e non ‘qualitativa’.