Diede fuoco alla compagna, dopo averla pestata. Ma per i giudici si tratta “solo” di omicidio preterintenzionale, perché – è la ratio del tribunale d’Appello – la quantità di alcol utilizzata per ‘incendiare’ la donna sarebbe stata troppo poca. Succede anche questo, nei tribunali italiani, quando il migrante è alla sbarra.
I fatti risalgono al settembre del 2014. Un tipico crimine degli immigrati che nelle statistiche finisce come ‘femminicidio’.
In primo grado il migrante venne condannato a 14 anni per omicidio volontario. Quando gli agenti arrivarono nella tenda dove viveva con la compagna, Maria, trovarono la donna in fiamme (morì poco dopo in ospedale) e una mezza bottiglia di alcol lì vicino.
In appello, però, i giudici accorciarono la pena detentiva e derubricarono il reato a omicidio preterintenzionale perché “la quantità di alcol usata per dare fuoco alla convivente era poca e dunque avvalorava l’ ipotesi di una morte preterintenzionale”.
Il figlio della vittima e l’avvocato hanno dunque fatto ricorso alla Cassazione.