Italiana sequestrata e costretta a sposare immigrato, a cerimonia con ossa rotte

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Prigioniera in Kosovo, picchiata brutalmente in un albergo perché sposasse l’amico kosovaro di uno slavo di cui lei si era innamorata. Un matrimonio ‘forzato’ per il permesso di soggiorno.

La vittima, una zitella cremonese di 45 anni, ora ha chiesto al giudice «l’annullamento del matrimonio per violenza». E’ il primo caso a Cremona. Non sarà l’ultimo al tempo della Grande Invasione che incontra la cosiddetta ‘emancipazione femminile’.

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«Abbiamo dimostrato che il consenso è stato estorto con minaccia e con violenza», spiegano gli avvocati Monica Fassera e Alessandro Vezzoni, legali della donna che, nel frattempo, è riuscita a ricostruirsi una vita. La sentenza del giudice, Alessandra Medea Marucchi, è attesa entro la primavera.

Tutto comincia nell’aprile del 2013. La donna e lo slavo si conoscono su ‘Badoo’, un social dedicato agli incontri. L’uomo ha problemi economici. Commercializza auto che manda nell’Europa dell’Est, ma gli affari non vanno bene.

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Trova il pollo. La donna si innamora e lo aiuta: «migliaia di euro». Poi un giorno, le arriva la richiesta choc.

«Io ho questo amico del Kosovo che ti dà dei soldi. Sposalo, fallo per amore per me». La signora rifiuta, «ma lui insiste sempre di più e in maniera sempre più severa», proseguono i legali. Così lei, ‘innamorata’, accetta.

Siamo nell’aprile del 2014. I due acquistano i biglietti aerei, volano in Kosovo e raggiungono l’albergo. In hotel, la zitella innamorata cambia idea. «Non se la sentiva, perché diceva ‘Il matrimonio è una cosa seria’». Per farle cambiare idea, in quella camera d’albergo verrà tenuta sotto sequestro, minacciata e picchiata selvaggiamente.

Il 10 aprile, giorno del matrimonio, negli uffici comunali ci arriva con le costole rotte. «Non è stata pagata per il matrimonio, presumiamo che il kosovaro abbia invece pagato l’amico slavo», precisano i legali.