Islamico pesta figlia e la rasa a zero: “Devi imparare Corano”

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“Non ero libera di uscire dopo la scuola e Facebook lo guardavo di nascosto – ha raccontato di fronte al giudice a Roma – Nel 2016 ho lasciato la scuola perché papà mi diceva che dovevo andare in Bangladesh a imparare il Corano. Ci sono stata un mese, ma quando sono tornata ero troppo indietro col programma. Così ho mollato e non ho più ripreso a studiare”.

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“Papà non voleva che mamma uscisse di casa. Lei qualche volta lo faceva di nascosto ma tornava sempre prima di cena. E quando veniva scoperta, papà la picchiava. Le diceva ‘prima o poi ti ucciderò’ e la colpiva con schiaffi e pugni, anche se aveva mio fratello piccolo in braccio. Una volta le levò il telefono col quale parlava e glielo ruppe in testa. Ma poi le impedì di andare in ospedale”.

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L’uomo, originario del Bangladesh, ha un banchetto di fiori in zona Vaticano. Sul suo capo ora pendono le accuse di lesioni, maltrattamenti e abuso della posizione dominante, il tutto aggravato dal vincolo familiare che esiste con madre e figlia. La giovane, 19 anni, ricorda così le vessazioni: “Non andavo spesso a scuola e dopo le botte mai. Papà non approvava il mio modo di vivere. Mi diceva ‘Sei cicciona, fai schifo, magari ti scoppia il cuore, puttana’. Una volta, mentre uscivo, mi ha spinta giù dalle scale. La vicina mi ha sentito urlare e mi ha aperto la porta, ma mio padre mi ha preso, trascinata a casa per i capelli e me li ha tagliati”.

E’ l’integrazione. Roma è infestata di bengalesi. E più sono, più imporranno la loro idea di vita ed eviteranno di integrarsi. Sempre che l’integrazione sia un fatto positivo. E non lo è.