Una piramide che sta in piedi grazie alle minacce e alla violenza. È un quadro inquietante quello che sta emergendo sullo spaccio in città nel corso delle indagini sull’omicidio di Pamela Mastropietro.
C’è voluta una ragazzina fatta a pezzi per fare scoprire un “quadro inquietante”.
Una forma di organizzazione criminale ben strutturata emerge nettamente nel corso delle indagini in città, che hanno riguardato non solo i quattro accusati dell’omicidio, ma moltissimi immigrati arrivati a Macerata anche da altre zone dell’Africa.
Una struttura che gestisce clandestini, profughi e immigrati regolari. Offre alle risorse che risorse non sono un tetto, cibo e soldi ad una sola condizione: spacciare ogni tipo di stupefacenti.
Gli uomini spacciano e chiedono l’elemosina. Le donne battono.
Il sistema di violenza è lo stesso con cui da anni le donne vengono portate in Europa e costrette a prostituirsi, in alcuni casi, soprattutto per quanto riguarda i nigeriani, anche con la minaccia del voodoo, rituali spaventosi, che fanno credere alle donne che loro stesse o i loro cari possano subire disgrazie immani, se non la morte, nel caso di una loro ribellione.
E hanno il lodo daffare gli inquirenti a dire che con la morte di Pamela il voodoo non c’entra nulla, perché la ferocia che fonda i rapporti tra i vari soggetti è evidente e allarmante. Ed è in quella ferocia che gli inquirenti vedono la matrice dell’accanimento sul cadavere della sfortunata diciottenne, mutilato in parte, si pensa, per cancellare le tracce della violenza, ma in parte senza alcun motivo se non la crudeltà. O il rituale.
Le indagini sono serrate per chiarire come funzioni questa piramide dello spaccio, e chi sia ai livelli di vertice, e ogni volta arrivano rivelazioni sempre più preoccupanti.
C’è voluta una ragazzina fatta a pezzi, per condurre indagini serrate sui delinquenti traghettati in Italia dal PD.