Città occupata da africani: “Siamo preda della mafia nera”

Vox
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Dimitri Russo, 47 anni, sindaco di Castel Volturno (Caserta). Forse l’ultimo sindaco italiano della sua città, almeno questa sarebbe la speranza del copista Saviano.

Castel Volturno è un ammasso di macerie umane e fisiche. Case sventrate, dove si vedono anche i tondini di ferro perché il cemento si è consumato. E in interi quartieri e frazioni sono off limits: girarli da soli fanno paura e non è consigliato. È in vigore un coprifuoco permanente e se attraversi questi territori spuntano all’improvviso figure sinistre di ragazzi, donne, che fanno le vedette. Che controllano il territorio. Proteggono le loro case, i “centri benessere” nigeriani dove puoi mangiare, fumare uno spinello, bere, fare sesso a pagamento. Dei tuguri della disperazione.

Castel Volturno è un pezzo di Nigeria nel cuore dell’Europa. Da qui passano tutti.

Sindaco Russo, martedì arriverà il ministro dell’Interno, Marco Minniti. Cosa gli dirà?

«Che a Castel Volturno non si può più andare avanti così».

«Così» come?

«Con una percentuale di migranti che supera qualsiasi livello di tolleranza».

Quanti sono?

«Circa 15mila. Su una popolazione residente di poco superiore ai 25mila».

Irregolari?

«La maggior parte».

Problemi di ordine pubblico?

«Criminalità record».

La storia di Castel Volturno in passato è stata macchiata da clamorosi fatti di sangue, da stragi, da scontri di mafie tra casalesi e africani».

«La violenza è sempre pronta a esplodere».

Lei ne sa qualcosa, di recente è stato schiaffeggiato con l’accusa di essere il «sindaco dei neri».

«Io sono solo il sindaco delle persone oneste».

Ma di «onestà» nel suo paese ce n’è poca.

«Invece ce n’è tanta».

Però stenta a venir fuori.

«Perché c’è paura».

Paura della mafia?

«La nostra e la loro».

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La «loro», di chi?

«Dei nigeriani. Che si sono impossessati delle centinaia di villette abbandonate lungo il litorale domizio».

Come hanno fatto a occupare centinaia di case?

«Hanno sfondato le porte e sono entrati. Poi le hanno depredate sistematicamente. Ora fanno da basi operative del mercato di droga e prostituzione».

Castel Volturno è ostaggio di questa gente?

«In piazza si vedono pochissime persone di colore. Il Comune è come se fosse diviso in due: in paese gli italiani, in periferia gli africani».

Ghetti fuori dal controllo dello Stato?

«Lì c’è uno Stato parallelo. Fatto di degrado e illegalità».

«È la bomba sociale evocata di recente da Berlusconi.

«Tutto mi separa da Berlusconi, ma su questo aspetto ha ragione. E magari si trattasse solo di bomba sociale…».

Perché, c’è di peggio?

«Sì, esiste il rischio anche di una bomba sanitaria».

Motivo?

«Tra i migranti si registrano molti casi di tubercolosi, malaria e Aids. Ma nella comunità africana ci si cura con metodi tribali. Lungo il litorale non esistono fogne e l’inquinamento ambientale è un incubo».

Ci vorrebbero ingenti opere infrastrutturali.

«Il governo ha proposto investimenti. Al ministro Minniti chiederò che gli impegni vengano rispettati».

C’è bisogno di sicurezza.

«Più forze dell’ordine e maggiore prevenzione».

Senza dimenticare i finanziamenti.

«Le casse del Comune sono a secco. Da settimane abbiamo in ospedale un feto partorito e abbandonato da una mamma africana. Vorremmo garantirgli una onorevole sepoltura. Ma non abbiamo neppure i soldi per il funerale».

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Castel Volturno, disse il fotografo di Gino Strada, è “il futuro dell’Europa”. Un pezzo di Nigeria con zone dove gli italiani non possono entrare: troppo pericoloso.

Ecco, se non fermiamo l’immigrazione, e quindi prima dobbiamo mettere fuorilegge le organizzazioni che li sostengono sul territorio rilasciando ‘libretti sanitari’, l’Italia del futuro sarà un enorme Castel Volturno: un incubo nigeriano.

Perché se importi africani, il tuo territorio diventa Africa. La qualità della vita la fanno le persone che abitano un posto, non la latitudine al quale quel posto si trova.

Oggi ci sarebbe solo un modo per ripristinare l’ordine a Castel Volturno: inviare la Folgore, con carta bianca e fotografi di Strada alla larga. Poi, ovviamente, c’è l’opzione Kim.