Secondo i diffusi dall’analista strategico dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) Claudio Bertolotti, negli ultimi anni si sono avuti in Europa 98 tra attentati e azioni violente di matrice islamica.
Il 70 per cento negli anni compresi tra il 2015 e il 2017: con 624 morti e 5153 feriti: «Oltre l’80 per cento sono attacchi individuali, non strutturati. Inoltre, nel 60 per cento dei casi sono state utilizzate armi improprie, improvvisate». Il sintomo che ogni immigrato islamico è un potenziale terrorista.
Il 98 per cento dei terroristi islamici che ha colpito è uomo. Nel triennio 2015-2017, l’84 per cento dei terroristi sono risultati essere immigrati di prima generazione (45 per cento) o di seconda/terza (27 per cento) mentre il 12 per cento immigrati irregolari. Solo nel 6 per cento si trattava di un cittadino convertito all’Islam. Il che non significa che fosse un vero europeo, come dimostrano i casi dei caraibici e africani convertiti che hanno colpito in Inghilterra.
Il direttore del Crst (Centro di ricerca sulla sicurezza ed il terrorismo), Ranieri Razzante, ha chiarito: «Nessuno di noi è razzista, però è certo che questo fenomeno sta facendo lucrare. Minniti ha fatto benissimo a dialogare con le tribù, ma il risultato finale non è stato soddisfacente. Dobbiamo avere il coraggio di dire che dietro all’immigrazione c’è un’industria creata con la connivenza di alcune Ong e di sistemi finanziari e di imprese del settore e di chi gestisce i Cara in maniera non trasparente. Finché ci sarà questo tipo di mercato e non si avrà il coraggio di intervenire dando risorse per normalizzare i Paesi di partenza, non si arriverà da nessuna parte».