Olocausto italiano: “Italiani fatti a pezzi dai partigiani comunisti e trasformati in sapone”

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Il Giornale pubblica alcuni stralci di una terrificante testimonianza di un abitante di Fiume, che all’epoca aveva 20 anni e che oggi, 75 anni dopo, vuole mantenere l’anonimato “perché ha ancora paura”.

L’OLOCAUSTO ITALIANO
– Tra il settembre e il novembre 1943 andò in scena in Istria, appena tornata sotto il controllo jugoslavo, una autentica mattanza di italiani (considerati genericamente “fascisti”) e croati anti-titini.

Il testimone fu poi fatto prigioniero dai nazisti e in un campo di concentramento fuori da Pola incontrò il carabiniere Moscatello, di stanza a Sansego dove i partigiani occuparono il paese per una settimana, dopo l’8 settembre e prima del ritorno dei nazisti. Lì fu testimone della strage di italiani: un migliaio, forse più, finirono massacrati. Solo in un piccolo sobborgo di Fiume.

I partigiani jugoslavi, raccontò al testimone il carabiniere Moscatello, rastrellarono casa per casa gli italiani e li caricavano su un mezzo che poi: “…velocemente entrava nello stabilimento della locale cartiera…”, il carabiniere “di nascosto entrò nella cartiera… e assistette a una cosa impressionante”. Qualcosa di abominevole.

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Appena entrato facevano scendere le persone all’interno e le ammazzavano facendole immediatamente a pezzi“.

Esecuzioni sommarie e poi l’orrore rosso: per far sparire i cadaveri prima del ritorno dei nazisti, le foibe erano troppo rischiose. “Moscatello ebbe anche a vedere che poi i pezzi venivano messi sulle cassette di legno per essere trasportate con il carretto nell’adiacente saponificio – si legge nella testimonianza scritta – passando per un piccolo ponticello in legno attraversando il fiume Eneo”.

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“Moscatello mi disse che inorridito, sempre di nascosto si ritirò non potendo fare niente. Se lo avessero visto avrebbe certamente fatto la stessa fine”.

Oggi, a farci a pezzi pensano gli africani che i nuovi ‘partigiani rossi’ hanno importato in Italia.