Lo abbiamo scritto: finirà che Pamela è morta di raffreddore e che i nigeriani l’hanno fatta a pezzi perché è la loro tradizione funeraria.
“Pamela ha avuto una crisi, è andata in overdose. Non sapevo cosa fare, sono scappato”, questa la versione della bestia numero 1, Innocent Oseghale, lo spacciatore nigeriano indagato per la morte di Pamela Mastropietro. In carcere ‘solo’ perché l’ha fatta a pezzi post-mortem, secondo il GIP.
Per lui è infatti già caduta l’accusa di omicidio. Il gip Giovanni Maria Manzoni ha convalidato il fermo per il giovane ma lo ha incriminato soltanto per occultamento e vilipendio di cadavere.
Quel che è certo è che le versioni di Oseghale e di Lucky Desmond (anche lui spacciatore, anche lui nigeriano) non tornano. I due si contraddicono. E, se qualche elemento in più non dovesse arrivare nelle mani degli inquirenti, è anche possibile la scarcerazione. Nonostante abbiano fatto a pezzi Pamela: traghettati in Italia dalle Ong.
La fuga, il sesso, poi l’orrore. Tutto ha inizio lunedì 29 gennaio alle 14.30, quando Pamela lascia il villaggio di “San Michele Arcangelo” della comunità “Pars”. È lì da tre mesi e mezzo. E l’astinenza forzata dalle droghe la spinge a cercare l’eroina. Ma non ha soldi con sé. Come ricostruisce il Corriere della Sera, si imbatte in un 45enne a cui racconta di aver bisogno di un po’ di soldi per tornare a casa dalla madre. Così le offre 50 euro in cambio di sesso. Per farlo la porta a casa della sorella che abita a Corridonia. Sul retro c’è un garage dove nessuno può vederli. Fanno sesso su un materasso. Di quell’atto comprato restano i “mozziconi” delle sigarette, sequesrati dai Ris insieme a una coperta. L’indomani, il 30 gennaio mattina, la accompagna alla stazione di Pediripa. Da lì Pamela va incontro alla sua fine. “È atroce, atroce – commenta ora lui a Mattino Cinque – credete forse che non ci pensi? Non bestemmiate, per favore”.
Oseghale, con precedenti per droga e un permesso di soggiorno ‘umanitario’ scaduto, ha 29 anni: le telecamere di sorveglianza lo immortalano insieme alla giovane il giorno in cui è scomparsa e, in casa sua, gli inquirenti trovano gli indumenti, sporchi di sangue, che Pamela indossa prima di morire e lo scontrino di una farmacia, poco distante dove, lo stesso giorno, acquista una siringa. Le loro vite si incrociano il 30 gennaio. È Oseghale a consigliarle di andare a comprare l’eroina da Desmond. I due sono una contraddizione via l’altra. Agli inquirenti, come riferisce il Messaggero, Lucky ha detto di non aver mai venduto la droga di Pamela e di non essere stato nella casa dell’orrore di via Spalato. “Alle 14 l’ho chiamato ma aveva il cellulare spento – ha raccontato Desmond – ho aspettato in giardino fino a quando si è fatto buio. Quando ha risposto al telefono mi ha detto che aveva lasciato le chiavi nella cassetta della posta. Ma io sono rimasto in giro fino all’indomani mattina senza rientrare”.Come rivelato ieri dal Tempo, il medico legale Antonio Tombolini ha individuato due possibili cause per spiegare la morte di Pamela: o “una intossicazione acuta da xenobiotici per via endovenosa probabilmente indotta” o “una ferita da punta e taglio alla parte bassa della porzione postero-laterale destra del torace”. Peccato che Oseghale abbia fatto a pezzi il cadavere con una mannaia rendendo impossibile qualsiasi accertamento. Per questo, come anticipa il Messaggero, la procura avrebbe già chiesto un approfondimento a Tombolini e altri esami tossicologici al professor Rino Froldi per cercare di venirne a capo. Dal canto suo il nigeriano prova a chiamarsi fuori dicendosi estraneo alla morte e allo smembramento di Pamela. Ammette di aver comprato la siringa in farmacia con la giovane e di essere salito in mansarda con Lucky. Ammette pure di averla guardata mentre si iniettava l’eroina in corpo. Ammette pure di essere stato lì presente quando questa si è sentita male ed è caduta a terra. Ma niente di più. “A quel punto – ha detto al giudice – mi sono spaventato e sono fuggito da casa”.
Che sia morta e poi l’abbiano fatta a pezzi o che l’abbiano fatta a pezzi uccidendola non cambia nulla per chiunque sia un essere semi-senziente. Per noi i due nigeriani devono morire.Uno Stato che non uccide chi fa a pezzi una sua figlia, è uno Stato di merda.
Uno Stato che non ha seminato ‘odio’ come Salvini, ha seminato, in ogni angolo di strada, spacciatori africani traghettati dalla Libia. Trappole pronte a scattare per ragazzini fragili come Pamela.