Allarme Oms: boom di infezioni resistenti ad antibiotici

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Dalla escherichia coli allo stafilococco aureo, sono sempre di più le persone colpite da infezioni resistenti agli antibiotici: nel mondo se ne contano almeno mezzo milione. Il dato arriva dal primo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità, ma la stima è molto inferiore alla realtà. Ad oggi, infatti, sono disponibili solo i dati relativi a 22 Paesi. Inoltre nel computo non rientrano i casi di resistenza a infezione da tubercolosi.

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Il sistema di sorveglianza Global Antimicrobial Surveillance System è stato lanciato dall’Oms nell’ottobre 2015 per far fronte a un’emergenza crescente, quella di super batteri che non rispondono agli antimicrobici normalmente utilizzati per debellarli.

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Tra i pazienti con sospetta infezione resistente, la percentuale di quelli con batteri resistenti ad almeno uno degli antibiotici più comunemente utilizzati variava tra i diversi Paesi, da zero all’82%. La resistenza alla penicillina, la medicina usata per decenni in tutto il mondo per trattare la polmonite, variava da zero al 51% tra i paesi segnalanti. I dati “sono preoccupanti soprattutto perché i patogeni non rispettano i confini nazionali“, sottolinea Marc Sprenger, direttore del Segretariato della resistenza antimicrobica dell’Oms.

Ovviamente i patogeni “non rispettano i confini nazionali” perché viaggiano con i loro ospiti. Se ci fosse meno movimento frenetico e una non libera circolazione di individui da Paesi dove questi patogeni sono endemici, il problema sarebbe ridotto al minimo.

I batteri resistenti più comunemente riportati sono stati Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus aureus e Streptococcus pneumoniae. Non sono inclusi però i dati sulla resistenza del batterio che causa la tubercolosi (TBC), dal momento che l’OMS fornisce aggiornamenti annuali in un rapporto specifico. Secondo quest’ultimo, nel 2016 sono stati almeno 490.000 i casi di Tbc multiresistente, da aggiungere quindi al computo totale.

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Dei 52 Paesi iscritti al Glass, solo 40 hanno fornito informazioni sui loro sistemi di sorveglianza nazionali e solo 22 hanno anche fornito dati sui livelli di resistenza.

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“Il rapporto è un primo passo fondamentale per migliorare la nostra comprensione dell’entità della resistenza antimicrobica. La sorveglianza è agli inizi, ma è fondamentale svilupparla se vogliamo anticipare e affrontare una delle più grandi minacce alla salute pubblica globale”, afferma Carmem Pessoa-Silva, che coordina il nuovo sistema di sorveglianza.

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