Tre profughi italiani vivono in scantinato, Comune PD ospita 150 africani

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Schifo e vergogna. Schifo e vergogna.

«Viviamo qui da mesi e con il freddo dell’inverno rischiamo la vita. Chiediamo che ci venga trovato un alloggio, una casa. Sono stati fatti dei sopralluoghi e il Comune ci ha pure promesso una soluzione, speriamo che arrivi presto, delle parole siamo stanchi, vogliamo i fatti».

Sembra incredibile ma è tutto vero, succede nel 2018 in centro a Mira in piazza Gallina, sotto l’edificio centrale delle Poste. Qui vivono, nei garage seminterrati ridotti ad un immondezzaio, come nelle peggiori immagini dei sobborghi metropolitani, tre persone tutte del posto, persone che, a causa delle avversità della vita, una casa non ce l’hanno più. Profughi italiani. Che quindi non hanno diritto ad un hotel e al mantenimento, perché nons ono africani in fuga dalla guerra in Siria.

A raccontare la sua storia è Roberto Pagan, 69 anni, residente a Mira da sempre. «Purtroppo», dice Pagan, «la mia situazione è diventata insostenibile dopo il divorzio. Avevo una casa in affitto da solo, ma con un affitto troppo alto, 700 euro al mese. Ho sempre lavorato, ho fatto l’operaio carpentiere fino a quando sono andato in pensione. Un po’ alla volta, dopo il divorzio, la mia vita è precipitata, rotolata, e mi sono ridotto a dormire prima in macchina, poi qui. Qui siamo in tre. Io il mio amico Walter, un ex operaio di origine sarda in difficoltà economiche, e un’altra persona che sta distante da noi ma che vive sempre in questo parcheggio seminterrato. Ha dei problemi di dipendenza dalla droga».

Roberto Pagan e gli altri disperati hanno organizzato una specie di cucina e camera e qui ci lavano pure i pani che lasciano ad asciugare. La luce? Si attaccano ai cavi elettrici che ci sono. «In qualche modo dobbiamo pur vederci alla sera», dice Pagan, «e poi d’inverno via a letto presto e con tante coperte. Ho dei figli ma per orgoglio non chiedo aiuto a loro».

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Una risposta arriva dall’assessore alle Politiche sociali, Chiara Poppi. «Mira è un Comune che ha tantissimi problemi in tema di emergenza abitativa», dice, «alcuni casi li abbiamo risolti. Sappiamo delle persone che vivono nel seminterrato sotto le Poste. È una situazione intollerabile, che abbiamo ereditato dalla passata amministrazione e a cui stiamo cercando di trovare una soluzione».

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Quest’inverno, sempre a Mira, ha trovato la morte nella sua abitazione, senza luce acqua e gas, fra Marano e Borbiago in via Trescievoli, un anziano.

L’assessore Poppi dice che Mira è “un Comune che ha una emergenza abitativa”, sarà, ma la stessa Poppi:

«Nel Comune – spiega l’assessore alle politiche sociali Chiara Poppi – non è attivo ad oggi il progetto Sprar. L’amministrazione precedente ha avviato una progettazione per l`attivazione del progetto Sprar che stiamo portando avanti per attivarlo entro i termini previsti dalla legge».

A Mira attualmente i profughi ospitati all’interno dei confini comunali, sono circa 150 richiedenti asilo e sono gestiti dalla cooperativa Olivotti a Mira Taglio, dal centro San Raffaele-Caritas a Mira Porte, dall’ostello comunale di Giare, e da due alberghi a Malcontenta.

Il progetto SPRAR è quello che prevede di dare ospitalità ai sedicenti profughi. Per l’esattezza a Mira ce ne sono 150. In casette, hotel e palazzine. Intanto tre profughi italiani sopravvivono in uno scantinato. Al freddo. Disperati.