Permesso umanitario a Ghanese perché gioca a calcio, sentenza delirante

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I tribunali italiani sono una dependance dell’Africa. Ormai abbiamo cosiddetti giudici che fanno a gara per emettere sentenze sempre più bizzarre inventandosi leggi tutte loro. E’ il caso dei magistrati che accettano i ricorsi a spese dei contribuenti di quei richiedenti asilo che si sono visti rifiutare la richiesta perché non ne hanno diritto.

Suallah Abdallah, 22 anni tra un mese, fresco di permesso di soggiorno per motivi umanitari. Documento che arriverà perché lo ha deciso il Tribunale di Firenze, grazie al lavoro fatto a spese dei contribuenti dall’avvocato Tiziana Pedonese dopo che la commissione territoriale del ministero dell’interno, che esamina le domande dei rifugiati approdati in Italia, aveva negato l’accoglimento dell’istanza. Perché in Ghana non ci sono guerre.

La decisione del Tribunale (giudice Claudia Polidori) ha motivazioni deliranti: «Il ricorrente ha 20 anni, è dunque molto giovane. Qui in Italia ha intrapreso un buon percorso di integrazione e non ha più alcun riferimento familiare nel villaggio di origine (in realtà si scopre che non è vero ndr..). Per converso, il giovane è integrato nella struttura di accoglienza, sta frequentando con successo il corso di alfabetizzazione della lingua italiana e gioca come calciatore dilettante». Insomma, dobbiamo mantenerlo in Italia perché gioca a pallone.

«Avevo il pensiero fisso a cosa avrebbe deciso il Tribunale», racconta Suallah al “Tirreno”, nello studio dell’avvocato Pedonese: «Pensavo “dove vado? Cosa faccio della mia vita?”. Ora, invece, penso avanti».

Arrivato in Italia dopo otto mesi di viaggio, passando per il Niger e la Libia, Suallah è stato destinato alla comunità di accoglienza della Ficaia, nel comune di Massarosa, gestita dalla cooperativa “Odissea”.

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Il pallone, il corso di italiano, quello di panificatore (con il consorzio “So&Co”) che vedrà a breve Suallah in stage, per la parte pratica, così da poter poi cercare un lavoro autonomo: «Vorrei continuare, crescere», continua il giovane. Che ha un mito, fin da quando muoveva i primi passi dietro il pallone: «Alberto Gilardino è da sempre il mio idolo».

Difficile davvero affermare che il rapporto di Suallah con l’Italia non sia di integrazione: «Un ulteriore elemento sui cui fondare il riconoscimento della protezione umanitaria – ricorda l’avvocato Pedonese, tra i più esperti in materia di immigrazione – è il forte livello di integrazione sociale». Elemento questo che è ormai determinante per la decisione dei giudici in molte delle sentenze, analoga a quella che ha dato speranza a Suallah, emesse dal molti Tribunali d’Italia.

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Per una famiglia propria in Italia è decisamente presto. Per l’età, ma anche perché «le ragazze non fanno amicizia facilmente». Così, l’ultimo pensiero del giovane calciatore è per la madre: «Sono figlio unico e lei è rimasta sola in Ghana. E penso sempre a come sta, là, senza qualcuno vicino a lei».

Correndo ed impastando arriverà il momento di chiamarla in Italia. E di farle assaggiare la pizza

Quindi i tribunali decidono che un ghanese può rimanere in Italia come profugo, non perché sia un perseguitato, ma perché giocando a pallone è integrato. Roba da rimuovere il magistrato di turno. E questo articolo lo conserviamo per inviarlo al prossimo ministro della Giustizia.

Paghiamo lautamente avvocati perché presentino ricorsi a nome di clandestini ghanesi che i media di distrazione di massa hanno l’ardire di definire profughi.