Minniti spende milioni di euro per convincere i clandestini ad andarsene, loro non se ne vanno

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Dopo il flop collezionato dall’ultima operazione sulle procedure di rimpatrio volontario peraltro pagata a peso d’oro contando che, per un migliaio di stranieri ritornati nel Paese d’origine perché non sono riusciti a realizzare qui il loro progetto migratorio, l’Italia ha speso qualche milione di euro, ora, il Viminale ci riprova. Ora che il nuovo programma del fondo accoglienza per migrazione e integrazione (Fami) è al giro di boa. Già, perché il nuovo piano (impegno finanziario pari a 8 milioni di euro) è partito agli inizi dello scorso anno e terminerà a dicembre prossimo.

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Visti però gli esigui risultati prodotti a metà dell’opera, ovvero poco più di un centinaio i migranti a oggi rimpatriati spontaneamente, il ministero dell’Interno vuole fare un altro tentativo, anch’esso assai costoso. Ha messo a disposizione ulteriori 855mila euro per organizzare, in quattro mesi, una campagna di sensibilizzazione, diffusione e informazione indirizzata proprio agli stranieri sulla misura del Rimpatrio volontario assistito (Rva). E sarà una campagna integrata che, a quanto scrive il dipartimento preposto «dovrà contenere un’idea creativa e realizzare una ricerca ex ante relativa al contesto di riferimento e una ex post in grado di valorizzare e valutare i risultati ottenuti dalla campagna di informazione non ultimo, definire un piano mezzi di divulgazione». A occuparsi del lavoro ci penserà una società di comunicazione di Cava de’ Tirreni: la Ediguida, aggiudicataria dell’appalto. La società salernitana dovrà essere in grado di spiegare agli stranieri che potranno essere riaccompagnati a casa, che siano migranti economici o come si diceva una volta clandestini, ma anche richiedenti asilo, rifugiati, immigrati con protezione sussidiaria o tutelati da protezione internazionale non fa differenza. Ma soprattutto che la procedura prevede il pagamento del biglietto di ritorno e un piccolo sussidio per le prime necessità (tra i 2 e i 3mila euro) e un affiancamento personalizzato per reinserirsi a livello lavorativo dando vita a una micro impresa o iniziando a fare un nuovo mestiere dopo aver seguito un percorso di formazione professionale. L’idea sembra davvero convincente peccato però che, fino a oggi, non ha funzionato. Infatti il Viminale ha messo ancora una volta mano alla borsa invece di chiedersi perché tutte le campagne di rimpatrio siano miseramente fallite malgrado vadano avanti dal 2008 e da allora si è arrivati a spendere complessivamente 12 milioni di euro per rimpatriare circa 3.000 immigrati. Insomma in dieci anni pieni si è perseverato nell’errore senza chiarire cosa non abbia funzionato. Chissà se con quest’ultima operazione, da qui ad aprile prossimo, si riuscirà a rimediare.

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Tuttavia quello che viene fuori dai vari dossier del dipartimento immigrazione è che il ministero dell’Interno con le campagne di comunicazione forse non ci sa fare. È evidente l’ennesimo insuccesso della rivista Libertà civili per la quale lo scorso anno sono stati erogati 500mila euro per realizzare 6 numeri completi, gratuiti al grande pubblico facendone richiesta o visionabili sul web. All’uopo sono stati anche ingaggiati 4 giornalisti e messa in piedi una vera e propria redazione al Viminale. Nel mese corrente i numeri pubblicati, pressoché monotematici su accoglienza, integrazione e inclusione, sono solo 4 e il lavoro è fermo ad agosto 2017. Altri sprechi a carico dell’erario e del contribuente. Eppure anche in questo caso sarebbe stato facile rendersi conto dell’esiguo interesse del pubblico: l’edizione di qualche anno prima era rimasta impantanata al 2014.

Finché l’alternativa sarà rimanere qui a delinquere impuniti, non se ne andrà alcun migrante. Per questo serve il bastone e la carota. Molto bastone e poca carota. Si faccia come Israele, i clandestini che non indicano il paese di provenienza per sfuggire all’espulsione, o che provengono da Paesi che non li rivogliono, li si mandi in Uganda, da lì torneranno a casa da soli.