L’Fbi ha arrestato un ex agente della Cia sospettato di aver venduto a Pechino i nomi di tutti gli informatori che l’Agenzia aveva in Cina e che dal 2010 sono stati arrestati o uccisi. L’arrestato, Jerry Chun Shing Lee, 53 anni, ha lavorato per la Cia dal 1994 al 2007. Viveva a Hong Kong ma al suo ritorno in Usa è stato bloccato all’aeroporto di New York.
L’Fbi avviò le sue indagini nel 2012, dopo che la Cia cominciò a perdere i suoi informatori in Cina. Gli investigatori non esclusero l’ipotesi che il governo cinese avesse hackerato le comunicazioni coperte dell’Agenzia con le proprie fonti di informazione all’estero. Ma a tradire Lee sono stati due piccoli libri con note scritte a mano contenenti dati classificati, tra cui dettagli di incontri tra informatori Cia e agenti sotto copertura, come pure i loro veri nomi e numeri di telefono. Oltre una dozzina gli informatori della Cia uccisi o imprigionati dal governo cinese negli ultimi sette anni.
Ma chi l’avrebbe mai potuto immaginare, che un cinese con cittadinanza americana avrebbe potuto lavorare per i cinesi? Il sangue – o la razza se vi chiamate Fontana – è tutto quello che conta.
Anche questa vicenda ci insegna che è folle lasciare che stranieri si infiltrino nei gangli dello Stato: non potrai mai sapere se sono fedeli a te o allo Stato di origine. Il che spiega la facilità con la quale gli islamici colpiscono in Francia e Belgio.