L’ingegnere licenziato perché di destra sfida Google

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Le vere vittime di discriminazione sono i maschi bianchi eterosessuali, soprattutto se hanno idee politiche distanti da quella mentalità progressista e globalista spacciata dai baroni di Silicon Valley come ‘verità assoluta’ da adorare come una religione.

Si pensi al caso dell’inventore di JavaScript, Brendan Eich, costretto nel 2014 a lasciare il ruolo di ad di Mozilla per aver finanziato, come suo diritto, la campagna referendaria contro i matrimoni gay.

L’ultima vittima, di cui abbiamo parlato mesi fa, è James Damore, l’ingegnere licenziato da Google lo scorso agosto per aver diffuso tra i suoi colleghi un documento ritenuto sessista. Ora Damore ha fatto causa alla multinazionale sostenendo che il suo allontanamento è stato discriminatorio. E lo è stato, senza dubbio.

GOOGLE LICENZIA DIPENDENTE PERCHE’ HA DETTO LA VERITA’: CACCIA CHI E’ DI DESTRA

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La cosa bizzarra è che fu Google a sollecitare i propri dipendenti ad esprimersi liberamente con dei memo ad uso interno. Evidentemente non pensava che l’avverbio ‘liberamente’ venisse preso sul serio.

Nel ricorso depositato presso la Corte di Santa Clara, Harmeet Dhillon, legale di Damore, afferma che le persone di idee conservatrici vengono discriminate da Google e che il licenziamento del suo cliente è stata una rappresaglia tesa a punirlo per le sue opinioni politiche. Il che è innegabile.

Visto che Damore è stato licenziato per una nota interna nella quale aveva suggerito che le donne fossero di natura meno interessate degli uomini alla tecnologia e fosse questo il motivo per cui in poche lavorano nel settore. Tutto corredato da dati e numeri. Del resto è noto che le donne sono meno interessate alla tecnologia rispetto ai maschi. Ma non si può dire nel tempo del politicamente corretto.

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Dhillon vuole a trasformare la causa in una vera e propria class action e ha invitato a farsi avanti chiunque si sia sentito discriminato da Google per essere “bianco, maschio o conservatore”.

Secondo TechCrunch avrebbe già aderito almeno un altro ex ingegnere di Google, David Gudeman, che aveva commentato un documento interno su come gestire le conversazioni che degenerano paragonandolo a quanto “gli schiavisti avrebbero scritto ai loro schiavi per aiutarli a capire come interagire con i padroni”. Dopo questo episodio, l’ingegnere fu richiamato. A costargli il posto era stata una lite online con un collega musulmano, che era stato indagato dall’Fbi per terrorismo e aveva sostenuto di essere finito sotto inchiesta solo per la sua religione. Gudeman aveva messo in dubbio la sua versione e, secondo la documentazione legale, sarebbe stato cacciato anche per aver espresso pubblicamente sostegno per Trump durante la campagna elettorale.

“L’aperta ostilità di Google nei confronti del pensiero conservatore è accompagnata da un’odiosa discriminazione sulla base di razza e genere, proibita dalla legge”, si legge nel testo della causa, “il management di Google si spinge a livelli estremi, e illegali, per incoraggiare i dirigenti a prendere in considerazione l’appartenenza a categorie protette, sulla base della razza o del genere, come fattori determinanti per l’assunzione, a danno dei dipendenti, o potenziali tali, maschi e caucasici”.