Pur di fare business umiliano la loro religione e quello in cui credono. Ma forse hanno proprio cambiato religione: il loro nuovo dio è il migrante. Da adorare in una sorta di anti-cristianesimo masochista.
Sì, perché il signor Khaled, anni 45, proveniente da Damasco, ex operatore meccanico esperto in pozzi idraulici di pompaggio, era, ed è, ufficialmente poligamo (due mogli), come prevede la religione islamica.
Era arrivato a Casa Suraya, il centro d’accoglienza vicino a Lampugnano, ospitato in un istituto religioso delle suore della Riparazione, con Alya e Samiah, 35 e 30 anni, la moglie “grande” e la moglie “piccola”, e i loro otto figli, dai 12 ai 3 anni.
Sono sette mesi che vivono nel centro di accoglienza. E per i ‘volontari’ e le suore non è un problema. Anzi, più sono, più incassano.
Al loro arrivo, nessuno commentò la presenza delle due mogli, i volontari della Caritas si limitarono a cercare due stanze per le signore con i rispettivi quattro figli a testa. “Serviranno due camere lontane, pensammo, per non avere problemi” , racconta oggi Ahamed Aldayeb, mediatore culturale. E invece non furono necessarie due stanze lontane, perché tutto è andato bene.
E oggi che Khaled è partito con tutta la sua tribù, le prime ad essere tristi sono le suore. “Certo, è stata una cosa molto nuova per noi, anche se in questi anni abbiamo ospitato migliaia di persone e di famiglie scappate dalla guerra, un bigamo non ci era mai capitato – racconta il somalo mediatore Aldayeb – Io sono musulmano e queste cose le conosco, ma la struttura e la cooperativa “Farsi prossimo” che la gestisce sono realtà cattoliche, che non prevedono la bigamia”.