Dori, Charlie, Bread e Bianca. Lo sguardo triste, le orecchie basse, la paura nelle zampe. Il timore di morire dopo una notte passata al gelo. Come due anni e mezzo fa quando gli zingari attaccarono il canile. Da quel 21 maggio del 2015, giorno dell’ultimo infame raid ai danni del rifugio Enpa, ne è passata tanta di acqua sotto i ponti.
Tra le aggressioni degli zingari e le minacce degli operatori del civico 8 hanno fatto capolino, in via Germagnano, telecamere e torri-faro che hanno trasformato il canile in una piccola caserma. «Ma ora – racconta Tiziana Berno, una delle più agguerrite volontarie – ci tocca di nuovo fare i conti con i furti e con queste cattiverie».
Sì perchè mentre la prefettura dava l’ok per l’avvio del presidio dei vigili qualcuno, dall’altra parte di Torino, si preparava all’ennesima intrusione non autorizzata nel canile. O meglio in quel fortino che conta anche filo spinato e muri rinforzati. «Manca solo più il fossato per proteggerci da quegli zingari» attacca un’altra anziana volontaria.
Lega manifesta contro vandali anti-canile: Questura blocca la ‘ruspa’
Era il 2015 quando c’è stata la prima disastrosa incursione, con furti e danneggiamenti della struttura e dei suoi macchinari, e più di 100 mila euro di danni. «La convivenza con i rom è diventata impossibile – dice Tiziana Berno, responsabile del canile Enpa – oltre a questi due fatti, veniamo continuamente infastiditi da lanci di tegole e pietre. Respiriamo ogni giorno fumi tossici, e viviamo con una discarica a cielo aperto sotto ai nostri occhi». Marco Bravi, responsabile Enpa di Torino e provincia: «Stiamo risolvendo i danni al rifugio per evitare di mantenere esposta la struttura, ovviamente a nostre spese».
L’appello dell’Enpa è alla città: «Vogliamo un presidio fisso della polizia municipale, come è stato fatto con la vicina Amiat – dice Tiziana Berno -. Oppure trovateci un altro posto in cui poter fare il nostro lavoro».