La casta dei Prefetti: ci costano 100 milioni di euro, e che pensioni

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In Italia ci sono oltre 1.300 prefetti. Una pletora di parassiti impegnata nel portare avanti il Piano di colonizzazzione africana.

Nello specifico abbiamo 149 prefetti, di cui 44 in sede centrale e 105 in sede periferica. Poi ci sono 712 viceprefetti, di cui 222 al centro e 490 in periferia. Per non parlare dei 413 viceprefetti aggiunti (su una dotazione organica addirittura di 852 unità), di cui 91 in sede centrale e 322 in periferia.

LA RESIDENZA LUSSUOSA DEL PREFETTO DI ROMA - CLICCA
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Non solo, perché come insegna il caso della rimozione Bitonci a Padova, ci sono anche i prefetti nominati ‘commissari’ per sostituire i sindaci eletti. Sono circa una ventina. E così si arriva a 1.301 prefetti.

Gli stipendi sono monstre. Si va da un minimo di 2.500 euro netti al mese per i viceprefetti fino ai 6 mila netti al mese per i prefetti delle città più importanti.

Quello di Roma, Pansa, tanto ‘buono’ con i clandestini, prende poco meno di 152mila euro. Non ostante questo stipendio, un predecessore dell’attuale, Pecoraro, è accusato di avere preso una tangente di 1 milione di euro. Per piazzare presunti profughi nelle coop.

Ma non va male nemmeno all’entusiasta dell’invasione, il Prefetto di Venezia Cuttaia, che arriva ad incassare dai contribuenti, per fare l’agente viaggio dei clandestini, quasi 150mila euro.

E come lui altri prefetti fanatici dell’accoglienza business, come quelli di Firenze, Bologna, Torino e Genova.

Manager di agenzie viaggi, con stipendi da stelle del cinema.

 

PREFETTO TREVISO - CLICCA PER SAPERE QUANTO GUADAGNA
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E non temono nulla. Sia perché sono “inamovibili”: qualunque cosa facciano, lo stipendio lo beccano lo stesso. Sia perché, una volta pensionati, prendono l’80% della retribuzione: 6.320 euro al mese.

Questo li pone al ‘riparo’ da ogni valutazione politica. E quindi democratica. Non vengono eletti, nntrano nella categoria per concorso (art.4 D.Lgs. n.139/2000) e sono subito “consiglieri” a 2mila euro netti di stipendio, fanno due anni di scuola superiore a Roma (con vitto e alloggio pagati in una struttura a quattro stelle sulla Veientana dotata di palestra, piscina, eliporto e campi da tennis) e vengono immessi in ruolo come dirigenti.

Incredibilmente, sono loro a decidere, su input del governo (che in questo caso è non eletto) se un comune debba o meno ospitare qualche centinaio di clandestini, i sindaci che vengono eletti dai propri cittadini non hanno voce in capitolo.

I prefetti oggi, sono ancora più un’offesa alla democrazia. Perché nominati da un premier non eletto. Dei nominati da un nominato che comandano su sindaci eletti dal popolo. E contro il popolo inviano coloni.

E li paghiamo anche 150mila euro.

Ma al top del top, con stipendi ancora più alti, ci sono i capi dei dipartimenti, tutti rigorosamente prefetti. Tra loro una vecchia conoscenza, Mario Morcone (capo dipartimento libertà civili e immigrazione):

MARIO MORCONE: IL PREFETTO PIU' AMATO DA BUZZI E MAFIA CAPITALE
MARIO MORCONE: IL PREFETTO PIU’ AMATO DA BUZZI E MAFIA CAPITALE

A questi si aggiunge il dipartimento pubblica sicurezza, che governa la Polizia di stato, retto da Franco Gabrielli, il manganellatore di italiani e già prefetto di Roma.

In tutto una spesa di circa 80 milioni di euro solo in stipendi. Esclusi costi di rappresentanza, rimborsi e scorte.

PENSIONI – Le pensioni dei prefetti sono del 40% superiori a quanto previsto col calcolo contributivo. Un trattamento più vantaggioso rispetto ai lavoratori privati e agli altri dipendenti pubblici.

AUMENTI – Ai prefetti sono attribuiti sei aumenti periodici che si aggiungono alla pensione già determinata e corrispondono mediamente ad un importo di circa il 15% della retribuzione rapportata all’anzianità contributiva posseduta. In più nello stipendio su cui viene calcolato l’assegno vengono ricomprese anche le indennità per le funzioni aggiuntive eventualmente svolte durante la carriera (capo della polizia, commissario straordinario). In quest’ultimo caso si tratta peraltro di un beneficio specifico attribuito a pochissimi privilegiati con che hanno ricoperto incarichi particolari di altissimo rilievo grazie alle entrature politiche: come Gabrielli.