Gerusalemme, mondo islamico in rivolta: Israeliani sparano, morti

Vox
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Il bilancio aggiornato degli scontri avvenuti oggi in Cisgiordania, a Gerusalemme e a Gaza e’ di 727 dimostranti feriti, secondo le stime fornite dalla Mezzaluna Rossa palestinese. Di essi, 61 stati sono stati colpiti da armi da fuoco; 479 intossicati da gas lacrimogeni; 200 contusi da proiettili rivestiti di gomma; e altri 27 da cause diverse.

Due palestinesi sono rimasti uccisi negli scontri con le forze di sicurezza israeliane lungo il confine con la Striscia di Gaza. Uno di loro, Mohammad al-Masri, 30 anni, è morto in scontri a est di Khan Younis. I feriti in questa nuova giornata di proteste, soprannominata “giorno della rabbia”, sono oltre 270: la Mezzaluna rossa palestinese ha riferito di avere curato in totale 245 manifestanti feriti negli scontri in Cisgiordania e a gerusalemme; e il servizio di ambulanze ha fatto sapere che 11 di questi avevano ferite provocate da proiettili veri.

Gli altri sono stati feriti da proiettili di gomma o hanno riportato problemi a causa dell’inalazione di gas lacrimogeni. I palestinesi protestano contro la decisione del presidente Usa, Donald Trump, di riconoscere Gerusalemme come Capitale di Israele e trasferirvi l’ambasciata Usa da Tel Aviv. Le manifestazioni sono cominciate soprattutto dopo le preghiere del venerdì.

Migliaia di persone hanno manifestato in diversi Paesi a maggioranza musulmana in tutta l’Asia, nel venerdì di preghiera, a sostegno dei palestinesi e per condannare la decisione Usa. Rafforzate le misure di sicurezza davanti alle ambasciate degli Stati Uniti. Proteste si sono tenute in Indonesia, Malesia, Bangladesh e nel Kashmir indiano. A Kuala Lumpur, capitale della Malesia, i dimostranti si sono radunati davanti all’ambasciata Usa, dove hanno intonato slogan contro gli Stati Uniti e hanno bruciato un’immagine di Trump.

Le proteste non si sono limitate ai territori palestinesi, ma hanno toccato anche quei Paesi a maggioranza islamica per cui Gerusalemme è una delle città sante e la questione palestinese un nervo scoperto. Migliaia di manifestanti sono scesi in strada per il secondo giorno anche nelle città tunisine, da Sidi Bouzid a Kairouan, ma anche nella città della Giordania, Amman in primis.

Migliaia di persone si sono radunate alla moschea grande del quartiere conservatore di Fatih, a Istanbul, portando in strada le bandiere di Turchia e Palestina, dietro a manifesti contro “l’America assassina” e su cui si leggeva: “Se Gerusalemme non è libera, il mondo è prigioniero”. Manifestanti anche nella capitale Ankara, alle moschee di Kocatepe e Hacibayram, dopo che nei giorni scorsi il presidente Erdogan si è espresso con forza contro la decisione americana.

Nei prossimi giorni assisteremo a manifestazioni di violenza simili nelle città europee. Così ci renderemo conto (e si renderanno conto anche i Fiano) che la presenza di masse islamiche in Europa non ci rende liberi nelle nostre politiche estere. Gaze è nelle nostre periferie.