False nozze: 10mila euro per comprare spose italiane

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E’ stimato tra i settemila e i diecimila euro il giro d’affari per ognuno dei 15 matrimoni combinati finora accertati tra cittadini italiani e marocchini per fare ottenere a questi ultimi il visto di ingresso nel nostro Paese. E’ quanto ritiene di aver accertato l’indagine della magistratura foggiana e dei carabinieri che stamani hanno arrestato 19 persone (8 in carcere, 11 ai domiciliari).

Le indagini sono cominciate nel settembre 2016 dopo una segnalazione dell’Ambasciata d’Italia in Marocco che segnalava che una donna di Manfredonia (Foggia) aveva richiesto un certificato di idoneità matrimoniale di un marocchino esibendo una busta paga apparentemente non veritiera, e che tale episodio consentiva perciò di ritenere potesse trattarsi di un matrimonio “di comodo”. La Procura aveva delegato le indagini all’Arma di Manfredonia e dagli accertamenti è emerso un consolidato e lucroso sistema per introdurre in modo apparentemente legale cittadini marocchini, uomini e donne, in Italia.

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“Proprio nel giorno in cui la nostra leader Giorgia Meloni ha consegnato, al Capo dello Stato Mattarella, le 100mila firma contro lo Ius Soli, il comando provinciale dei carabinieri di Foggia ha arrestato tre stranieri che reclutavano italiani per far contrarre matrimoni all’estero, dietro compenso di circa 2 mila euro”. Questo si legge in una nota congiunta del coordinatore nazionale del Dipartimento Tutela Vittime di Fratelli d’Italia Cinzia Pellegrino e Antonella Zuppa referente per Foggia e provincia.

“La cerimonia – aggiungono – veniva svolta in Marocco, successivamente veniva chiesto, presso l’ambasciata italiana, il visto d’ingresso. Una volta arrivati nel nostro Paese, bastava convivere per il periodo necessario tale da poter ottenere il permesso di soggiorno per poi chiedere la separazione. Più di 15 sono state le unioni avvenute con questa modalità che ha incentivato il già pesante giro d’affari dei migranti.

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Non dimentichiamo che il Marocco, poi, è tra i Paesi più a rischio circa la pratica delle spose bambine. Nel settembre di questo anno, nel rapporto periodico sul grado di tutela delle libertà civili, il Consiglio dei diritti dell’ONU ha indicato a questo Paese circa 244 raccomandazioni. Rabat ne ha accolte solo 191, scartando proprio quella, tra le altre, che riguarda la limitazione dell’età per contrarre matrimonio.

L’Italia non è immune da questa che è da definirsi una vera e propria tratta. Infatti, nel nome dell’Islam, ogni anno, 2 mila bambine nate e cresciute nella nostra Penisola, sono obbligate a sposarsi nel loro Paese d’origine perché da noi non è consentito. Secondo il codice civile (art. 84), un minore italiano può essere autorizzato solo dal giudice a contrarre matrimonio e l’età minima è di 16 anni. L’iter è il seguente. In Italia avviene l’accordo: i genitori della bimba la promettono in sposa a un uomo più grande in cambio di denaro e mantenimento della stessa. Dopodiché, la sposa viene tratta con l’inganno o con la consapevolezza del suo destino nel Paese di appartenenza dove avvengono le nozze. Per la legge islamica le donne raggiungono la maggior età a 9 nove anni e questo basterebbe a giustificarne il matrimonio precoce. La tanto sbandierata “integrazione”, senza regole – concludono -, dovrebbe mirare a insegnare la cultura alla vita, all’autodeterminazione e al rispetto: sarebbe un primo tassello per garantire un futuro alle nuove generazioni”.