Belpietro, pm ayatollah lo vuole condannare: “Ha insultato 1,5 miliardi di fedeli islamici”

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«Il titolo “Bastardi islamici” è un insulto generalizzato a un miliardo e mezzo di fedeli islamici, molti dei quali vittime essi stessi di attentati terroristici». Questo è il motivo per il quale il pm-ayatollah Piero Basilone, vuole condannare il giornalista Maurizio Belpietro: per offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone, aggravate dalla finalità di odio razziale.

Bizzarro. Prima di tutto l’islam non è una religione riconosciuta dallo Stato italiano. E poi non è una razza.

Il titolo dell’editoriale, apparso sulla prima pagina del quotidiano all’indomani degli attentati parigini del 13 novembre è, secondo l’accusa, «una espressione dispregiativa che attribuisce agli islamici quel gesto”, ovvero gli attentati. E Belpietro, che guidava il giornale, era “perfettamente consapevole di offendere», con una «espressione che ha generato grande frustrazione nella comunità musulmana».

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Negano l’evidenza. Come se le stragi islamiche le avessero fatte i buddhisti.

La difesa di Belpietro, oggi alla guida de “La Verità”, ha sostenuto invece che il fatto non sussiste in quanto “islamici” era aggettivo relazionale del sostantivo ’bastardi’ e serviva a definire la matrice islamica degli attentati. «Se il titolo fosse stato “Islamici bastardi’” sarebbe stato diverso. L’unico significato che invece scaturisce da quel titolo – ha sottolineato l’avvocato Valentina Ramella – è che quei soggetti, ovvero i terroristi, sono dei “bastardi”».

Una tesi respinta totalmente dal pm, secondo il quale “Belpietro è un bravo professionista, una persona colta e intelligente. E non poteva non rendersi conto che quel messaggio sarebbe stato interpretato come un insulto agli islamici dalla maggior parte dei lettori”. Il Caim, Coordinamento delle associazioni dell’estremismo islamico di Milano e Monza che si è costituito parte civile nel processo, ha chiesto un risarcimento di 350 mila euro e una provvisionale da 100 mila euro.

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Il processo è scaturito dalle querele depositate in Procura da una decina di fanatici musulmani. Belpietro, interrogato in aula, aveva raccontato che dopo gli attentati di Parigi “un collega ebbe l’idea” di usare il titolo ’Bastards’ messo in pagina da un giornale di San Francisco dopo l’attacco alle Torri Gemelle del 2001, ma se “in quest’ultimo caso non era chiara ancora all’epoca la matrice di quell’attentato, per noi invece dopo gli attacchi a Parigi e non solo era già drammaticamente nota la matrice islamica”. Belpietro aveva chiarito, inoltre, che se il quotidiano avesse voluto riferirsi a tutti i musulmani e non solo ai terroristi “avremmo dovuto dire ’gli islamici sono bastardi’, perché la lingua italiana è chiara e quando si dice ’assassini islamici’ o ’kamikaze islamici’ non significa certo che tutti gli islamici sono assassini o kamikaze”.

E’ patetico che un giornalista si debba recare in tribunale per difendere la verità. E il diritto di scriverla. Il problema non sono le fake news, ma il tentativo tout court di silenziare chi scrive cosa non piace al potere costituito.