Torino, diocesi sfratta italiani per ospitare gli abusivi africani del Villaggio olimpico

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Come saprete ha preso il via ieri mattina a Torino il trasferimento dei primi abusivi dal villaggio olimpico. Un’ottantina di abusivi, molti dei quali spacciatori, sui 750 che attualmente occupano la struttura utilizzata per le Olimpiadi del 2006, verrà collocata in case messe a disposizione dalla diocesi di Torino.

Il trasferimento rientra nel progetto condiviso messo in campo da Comune, Regione Piemonte, Prefettura, diocesi di Torino e Compagnia di San Paolo. Per Sergio Durando, direttore dell’Ufficio Migrantes di Torino, che da tempo segue questo dossier, “l’impegno deve essere ancora più ampio e andare al di là del semplice trasferimento di persone. Per aiutare questi ragazzi a reinserirsi gradualmente a livello sociale, è necessario adesso aiutarli a completare il loro percorso di autonomia”.

Sono anni che sono inseriti a livello sociale: nello spaccio.

Deve essere per questo, per fare posto agli spacciatori delle palazzine olimpiche, che la stessa diocesi ha cacciato di casa, tempo fa, una famiglia italiana. Mamma, papà e figlio di 13 anni:

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Perché a differenza dei fancazzisti mantenuti dai contribuenti, loro non riuscivano a pagare l’affitto preteso dalle suore della carità.

Ma non basta. Perché sempre in zona Torino, sono molti gli italiani che vorrebbero essere accolti nelle case della ricchissima diocesi: “Non si può umiliare e far vivere così una persona”. La foto di una roulotte fa da sfondo a un post di rabbia che sta facendo il giro di Facebook. L’autore è Sante Palumbo, disoccupato. Ha 33 anni e da giugno vive in un piccolo rimorchio bianco e azzurro all’interno di un campeggio a Caselette. In questo comune del Torinese dove la Val Susa inizia a prendere forma ha passato tutta l’estate. Ora con l’arrivo del primo freddo la situazione si è complicata. “Ci sono spifferi ovunque e accendere la stufa non mi aiuta – denuncia Palumbo – E poi luce e gas sono a mie spese: percepisco un sussidio di 300 euro, soldi che in gran parte vanno via per le bollette. Non ho nemmeno il frigo: se mi portano un po’ di carne devo mangiarla subito”.

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Dopo il suo appello social Sante Palumbo ha già ricevuto decine di messaggi di affetto. In molti si sono proposti di aiutarlo a cercare un lavoro o di portargli un pasto caldo. Anche CasaPound è pronta a partecipare alla gara della solidarietà. “Cercheremo di attivarci, mettendo in moto i nostri canali per venire incontro alle sue esigenze – afferma il segretario provinciale Matteo Rossino – Lo conosceremo di persona come abbiamo fatto qualche giorno fa con una famiglia che vive nello stesso campeggio di Caselette e a cui abbiamo donato un frigo”.

In un campeggio ci sono un giovane uomo e una famiglia. Italiani. Per loro, la diocesi di Torino non ha posto.