I 33 profughi spacciatori tornano in hotel, non possono essere espulsi

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Giovedì la retata nel centro profughi di Lecco. E la scoperta di (almeno) 33 profughi spacciatori:

BLITZ IN CENTRO ACCOGLIENZA: ARRESTATI 30 PROFUGHI SPACCIATORI – VIDEO

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Ora la notizia che quei 33 pezzi di merda potranno continuare a spacciare con la benedizione del Governo italiano. Infatti, come la cellula pisana di ISIS, non possono essere espulsi.

Il senatore Paolo Arrigoni (Lega), ha rivolta una illusoriainterrogazione al ministro Minniti in cui invoca l’espulsione degli spacciatori del Cas di Lecco: “Casi come quello della struttura di Lecco sono l’emblema del fallimento della vergognosa politica dell’accoglienza della sinistra. Su 131 irregolari assistiti dalla struttura, ben 33 sono infatti stati denunciati per spaccio di stupefacenti. Pusher veri e propri che vendevano droga anche a minorenni che frequentavano scuole del circondario. vogliamo che sia resa nota l’attuale posizione dei 33 denunciati sotto il profilo dello stato dalla loro domanda di asilo ed in particolare se sia già stato loro opposto un diniego”.

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Nel caso di diniego dello status di rifugiato, tuttavia, il richiedente asilo può, tuttavia, accedere a due altre possibilità di riserva: la protezione sussidiaria o, in subordine, la protezione umanitaria. Le leggi attuali, insomma, hanno previsto degli efficaci paracadute per garantire la permanenza privilegiata ai fancazzisti. Che nel tempo libero, e ne hanno molto, spacciano. O se sono donne battono.

Protesta anche Flavio Nogara, segretario provinciale lecchese della Lega: “E’ questa l’accoglienza che ha garantito la sinistra spalancando le porte agli immigrati garantendogli vitto, alloggio, telefonino… a spese nostre, cancellando di fatto i nostri confini, per poi ritrovarceli a delinquere e a rovinare i nostri giovani con la droga?”. Fa eco il consigliere regionale Mauro Piazza: “Da parte di questi presunti profughi non c’è nemmeno la percezione di un patto di solidarietà che li ospita. Lo spaccio è invece l’evidente segno di un tradimento e di irriconoscenza verso il Paese che li mantiene e li cura dopo averli di fatto salvati. Se manca il senso di riconoscenza siamo davanti a un totale fallimento delle politiche di accoglienza”.