“Per ogni buddista ucciso, bruceremo una moschea”: questo è quanto affermato da un monaco buddista. Sulla stessa linea si pone un altro monaco birmano Wirathu: “Non è il momento per la calma. E’ il momento di reagire”, ha detto.
Noi lo ricordiamo per queste parole:
E’ infatti alta la paura dell’invasione islamica in tutto il sudest asiatico. In paesi come Thailandia, Birmania e nello Sri Lanka. Lo stato d’assedio è denunciato da molti monaci che invitano i popoli a reagire, così si esprime Wirathu: “I musulmani si riproducono in fretta, ci rubano le donne, le violentano. Vorrebbero occupare il nostro Paese. Ma non glielo permetterò. La Birmania deve restare buddista.”
Il clero buddista legittima l’uso della forza rifacendosi ai testi sacri, i quali lo condannano ma considerano lecito il diritto di autodifesa. Come del resto nel Cristianesimo. E l’autodifesa è valida non solo in presenza di un attacco armato, ma anche demografico.
Si può fare: Buddhisti espellono altri 3mila Islamici in poche ore
Questa è la linea dei monaci buddisti a Rakhine, la regione al confine con il Bangladesh dove dopo le violenze islamiche, centinaia di migliaia di musulmani sono stati espulsi in pochi mesi.
Dopo gli attacchi islamici di agosto, culmine di violenze andate avanti per anni, i monaci si sono messi alla testa di milizie paramilitari buddiste per cacciare la “minacce interne” dalla Birmania buddista. E ce l’hanno fatto.
Perché non è il momento per la calma. E’ il momento di reagire. Anche qui.