Oggi, 42 anni fa, l’Italia perse il cuore a Osimo

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A proposito di tradimenti odierni, possiamo dire che lo Stato italiano iniziò il suo percorso di illegittimità, che oggi è sotto gli occhi di tutti, quel giorno del 1975, quando riconobbe la sovranità straniera su un pezzo d’Italia

Oggi, 42 anni fa, con il trattato di Osimo, lo Stato italiano cedette definitivamente la zona B dell’ex Territorio libero di Trieste, l’Istria nord-occidentale, alla nuova Repubblica Jugoslava, riconoscendo quanto imposto alla fine della Seconda Guerra Mondiale con il “Memorandum di Londra“.

Fu ed è, ancora oggi, una amputazione della Patria.

Il Governo italiano di allora abbandonò per sempre qualsiasi rivendicazione verso quelle terre che appartenevano storicamente all’Italia: Villa Decani, Capodistria, Isola, Pirano, Maresego, Monte di Capodistria, Umago, Buie, Verteneglio, Grisignana e Cittanova.

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Le trattative furono condotte deliberatamente in maniera riservata. L’incarico di negoziare con la Jugoslavia venne affidato dal governo ad un dirigente del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, Eugenio Carbone.

Non solo. Il trattato di Osimo conteneva varie disposizioni a favore di tutti i cittadini jugoslavi che avevano prestato “servizio militare” in Italia (anche per una sola settimana): in pratica, grazie a quell’osceno accordo firmato dai ‘democratici’, per decenni e ancora oggi, paghiamo la pensione a chi ha infoibato italiani.

Ad esempio, prevedeva che costoro avrebbero ricevuto su domanda una pensione mensile nell’ordine di 700 mila lire di allora, ed i relativi arretrati che potevano giungere a diverse decine di milioni, secondo la data di presentazione della domanda medesima.

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Molti beneficiari delle “pensioni di Osimo”, avevano partecipato ai massacri ed agli infoibamenti di civili e militari nella Venezia Giulia, a Fiume e in Dalmazia. C’è di più: l’On. Tina Anselmi, prima firmataria del provvedimento, introdusse la reversibilità al coniuge superstite nella misura del 100 per cento, diversamente da quanto accade per tutti i pensionati italiani: mentre una vedova qualsiasi percepisce una pensione di reversibilità ridotta al 60 per cento, quella di un partigiano responsabile di tanti delitti si vede riconosciuto l’intero trattamento di quiescenza del marito, anche se questi era stato un criminale di guerra. Si calcola che l’INPS abbia erogato circa 30 mila pensioni privilegiate a queste tipologie di soggetti: un paradosso scandaloso.

Un solo concreto esempio: nel Goriziano imperversava un truculento caporione che finiva le sue Vittime italiane trascinandole ferocemente al suolo legate dietro una motocicletta. La vedova, grazie al trattato di Osimo ed alla normativa Anselmi, percepisce il 100 per cento della pensione che l’Italia aveva graziosamente elargito al criminale. E’ inutile aggiungere che mentre largheggiava con gli slavi, senza alcuna distinzione di merito, lo Stato italiano fece economie inique ammassando i profughi giuliani, fiumani e dalmati in fatiscenti campi di concentramento smobilitati dagli Alleati, molti dei quali sarebbero stati in essere sino al termine degli anni sessanta.

Dopo il distacco dalla federazione jugoslava di Slovenia e Croazia, nei cui confini sono compresi i territori inerenti al trattato di Osimo, diversi esuli e politici italiani misero in discussione la validità del trattato stesso, ma anche in questo caso, il governo italiano rapidamente riconobbe Slovenia e Croazia come legittimi successori degli impegni internazionali della Jugoslavia, comprendendo pure il trattato di Osimo per le rispettive parti di competenza.

Il trattato di Osimo diede luogo a fortissime proteste, sia a Trieste che in tutta Italia, ed a reazioni disperate dei 350 mila Esuli, che videro svanire ogni residua speranza di tornare nelle loro terre, dove avevano lasciato case, tombe, affetti.

Già nel 1970 – in occasione della visita ufficiale di Tito in Italia – erano state presentate delle interpellanze parlamentari da parte del deputato democristiano Giacomo Bologna e di altri deputati missini, alle quali era stato risposto che in tale occasione non si sarebbe parlato di questioni confinarie. Di fronte alle voci secondo le quali Italia e Jugoslavia stavano intrattenendo delle trattative sui confini, analoghe interpellanze furono presentate nel febbraio del 1975.

Eppure, il Parlamento italiano approvò la legge di ratifica coi soli voti contrari del MSI e di pochi dissidenti della maggioranza. Era il sigillo di un’ignominia che sarebbe ricaduta, allora e sempre, su tutto lo Stato.

Perché quella è terra italiana.