Prossimo governo deciderà su concordato con Islam, se vince PD l’Italia è finita

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Niente intesa fra lo Stato e l’islam italiano, almeno in questa legislatura. Il possibile accordo fra governo e musulmani italiani slitterà a dopo il voto politico, e sarà condizionata ovviamente dagli scenari che usciranno dalle urne.

L’intesa è decisiva: da questa dipende la grande partita di tante nuove moschee.

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Per arrivare all’intesa prevista dalla Costituzione serve il riconoscimento giuridico dei contraenti e su questo si stanno dilatando i tempi. Possibile solo il traguardo parziale, non certo quello finale. «Non sarà facile, la speranza è che si possa arrivare al riconoscimento prima della fine della legislatura» spiega Massimo Abdallah Cozzolino. L’imam napoletano è segretario generale della Confederazione islamica italiana, la maggiore sigla dell’islam in Italia con 345 centri affiliati in tutto il Paese. «Noi siamo nati nel 2012 – spiega – e nella prima fase ci siamo dedicati alla democrazia interna. Ora siamo al lavoro per adempiere a questi obblighi formali». Il riconoscimento dipende da una decisione del governo, che si avvale del parere del Consiglio di Stato. L’esito finale è un decreto del Quirinale. La Confederazione è una delle 4 sigle protagoniste di questo passaggio. Anche la discussa Ucoii è al lavoro mentre la moschea di Roma, fra le quattro, è l’unica già riconosciuta, e la nomina a presidente del deputato pd Khalid Chaouki ha fatto ipotizzare un’accelerata che tagliasse fuori gli altri.

Molto avanti la milanese Coreis (la Comunità religiosa islamica italiana, modello di apertura e dialogo) già arrivata due volte davanti ai magistrati amministrativi. Dopo un primo «sì» le sono state richieste integrazioni, inviate due settimane fa al Consiglio: «La prima richiesta l’abbiamo presentata nel ’98 e ci fu parere favorevole – spiega l’imam Yahya Pallavicini – però nel 2001 non c’erano le condizioni per il riconoscimento». Ora la nuova domanda «Siamo di nuovo in attesa, la speranza è che ci siano delle possibilità per un’associazione che da decenni lavora per certe prospettive. Potrebbe essere un segnale di serietà nei rapporti fra l’islam italiano e lo stato laico, un segnale in grado di prevenire qualsiasi entrismo o infiltrazione di realtà incompatibili col nostro sistema. Altrimenti, al contrario, si apre uno scenario di disparità, in cui c’è un’intesa con buddisti, ebrei, protestanti e indù ma non con l’islam. Io sono un uomo di fede, devo essere fiducioso».

Intanto diciamolo chiaramente: non esiste l’islam ‘italiano’, esistono degli islamici che sono ospiti in Italia e alcuni (molto pochi in numero trascurabile) italiani che seguono l’islam come religione.

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Comunque. Questo significa che le prossime elezioni decideranno se l’Italia diverrà, probabilmente nel giro di un paio di decenni, un paese a maggioranza islamica.

Se vince il PD, o se non esce dalle urne una maggioranza populista, sarà il via libera al concordato con l’Islam e quindi alla erezione (termine non scelto a caso) di centinaia di moschee in tutta Italia: senza che le comunità locali possano opporsi in alcun modo.  il Qatar ha già pronti miliardi da investire. I Sauditi i rolex.

E più moschee significherà più immigrazione islamica, visto che sono un magnete decisivo. Mentre la non approvazione fungerebbe in qualche modo da ‘islam-repellente’. Soprattutto se coniugata con una stretta all’immigrazione regolare: in primis i famigerati ricongiungimenti familiari. Vera catena infinita di immigrazione e islamizzazione.

Al momento, l’unico movimento di una certa consistenza contrario a questo accordo è la Lega. Ma nei prossimi mesi potremmo avere più chiarezza.