Polonia e Ungheria sfidano Ue: “Non ci faremo africanizzare”

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Il ministro degli Esteri polacco Witold Waszczykowski ha annunciato l’intenzione del suo paese di sfidare la sentenza della Corte di giustizia europea (ECJ) che imporrebbe ai paesi ribelli come la Polonia di partecipare all’africanizzazione dell’Europa attraverso i famigerati ‘ricollocamenti’.

Il ministro degli Esteri polacco ha dichiarato che anche se l’Unione europea (UE) minaccia la Polonia, il governo polacco continuerà a rifiutare di prendersi i clandestini raccattati in Libia e Turchia dall’Italia e dalla Grecia.

“La sicurezza della Polonia è più importante delle decisioni ingiustificate delle istituzioni europee in materia di rifugiati”, ha affermato.

Waszczykowski ha formulato le sue osservazioni in risposta alla sentenza della Corte di giustizia europea che ha respinto il ricorso da parte dei governi ungherese e slovacco che avevano sostenuto che la ridistribuzione dei clandestini non era legale poiché non aveva un consenso unanime da parte di tutti gli Stati membri.

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Fin qui la questione ‘burocratica’ sulle regole di funzionamento della Ue. Ma il fatto che la maggioranza dei governi dei paesi Ue siano occupati da servi della Sinarchia impegnati nell’africanizzazione dell’Europa, non la rende legittima.

Anche Beata Szydło, premier polacco, ha dichiarato che il suo paese rifiuterà anche dopo la sentenza di partecipare al programma di ridistribuzione dei migranti. Szydło si è detta non sorpresa dalla sentenza del tribunale, ma ha notato che “assolutamente non cambia la posizione del governo polacco rispetto alla politica migratoria”.

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La reazione del governo ungherese alla sentenza è stata altrettanto critica nei confronti della Corte di giustizia. Il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha dichiarato che la sentenza “è politica” e ha attaccato la UE rea di avere “violentato la legge europea e i valori europei”.

La scorsa settimana, il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha scritto una lettera al presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, affermando che l’Ungheria “non è un paese di immigrazione, non vuole diventare un paese di immigrazione e non può accettare di essere costretto a cambiare”.

Sia la Polonia che l’Ungheria, che fanno parte del gruppo di Visegrad , insieme alla Repubblica ceca e alla Slovacchia, sono diventati profondamente critici dell’UE e delle imposizioni nei loro affari interni.