Butungu, il capobranco di Rimini, che in Italia era arrivato da clandestino ma era riuscito ad ottenere un permesso di soggiorno umanitario e ad essere ospitato per qualche tempo da alcune cooperative nel pesarese, ha la Tubercolosi:
Non lo si è scoperto al momento dello sbarco. Perché nonostante le falsità dette in questi anni dal governo, non esiste alcun controllo reale: impossibile quando sbarcano mille fancazzisti alla volta. Ma solo quando l’immigrato è stato sottoposto ai controlli sanitari per l’ingresso in carcere.
Ma la cosa interessante e preoccupante, ma del resto da noi risaputa (ovviamente oltre alla tragedia della povera ragazza polacca) è che il profugo lavorava in un ristorante di Pesaro che poteva sfruttare questa manodopera low-cost a spese dei contribuenti. Insieme a molti altri profughi, probabilmente anche loro infetti, era stato fornito dalla coop al ristorante.
Butungu il 25 novembre del 2015 era entrato nella prima accoglienza nella comunità di Acquaviva di Cagli (PU). Dopo aver ricevuto lo stato di rifugiato entrò nello Sprar Invictus di Pesaro da settembre 2016 fino al 22 aprile 2017, abitando nella struttura collettiva Freedom di Pesaro che accoglie 15 fancazzisti.
Ha seguito corsi di cameriere dal 19 dicembre 2016 all’11 gennaio 2017 nel ristorante fanese “La Perla” (PAGINA FACEBOOK DEL RISTORANTE PER LASCIARE I VOSTRI COMPLIMENTI) insieme a molti altri ‘colleghi’. Ha svolto anche un tirocinio lavorativo prima di lasciare lo Sprar.
Abbiamo locali che assumono a spese dei contribuenti sedicenti profughi. E lo fanno senza alcun controllo medico, vista la vicenda Butungu.
Ma la cooperativa non si scoraggia così come l’associazione ‘Forma e informa’ e il Ristorante La Perla di Fano che con essa hanno organizzato diversi corsi per operatori della ristorazione (il prossimo al via il 14 settembre) rivolti ai sedicenti rifugiati.