Rimini: Stupratori marocchini assistiti dalla Caritas, evitarono espulsione

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Una bella famigliola integrata. Di quelle appassionatamente propagandate dai media di distrazione di massa.

La famiglia di marocchini composta da coniugi e quattro figli, due dei quali adesso in carcere per aver commesso lo stupro di Rimini, doveva essere rimpatriata tre anni fa. Ma non si può espellere le famiglie, e così l’espulsione venne bloccata. Nei prossimi giorni sentiremo i media di regime denunciare Trump perché, invece, lo farà in America abrogando il famigerato DACA obamiano.

La rivelazione arriva dal sindaco di Vallefoglia, Palmiro Ucchielli, che a Il Resto del Carlino ha dichiarato: “Era il 2014. Avevamo trovato i soldi, più o meno 5 mila euro a persona o forse di più, per farli rientrare in Marocco dove si trovava il padre già espulso. Tutto era pronto, anzi madre e i quattro figli erano andati in caserma per partire. Poi non so cosa sia successo ma attraverso il tribunale dei minorenni ci siamo ritrovati il padre di nuovo a Vallefoglia mentre noi ci aspettavamo che la famiglia se ne andasse per sempre”. In pratica il tribunale dei minori ha bloccato l’espulsione dall’Italia della famiglia marocchina: perché i minori potevano soffrire tornando in Marocco. Così hanno potuto stuprare.

“Ricordo – dice ancora il sindaco di Vallefoglia– che non era d’accordo col rimpatrio nemmeno il console, ma alla fine c’era stato il nulla osta. Poi è saltato tutto e la famiglia oltre al padre è rimasta qui”.

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Il motivo della mancata espulsione è presto chiarito: secondo la legge italiana per il rimpatrio di minorenni vi deve essere il consenso dei genitori. La madre degli autori dello stupro aveva accettato una cifra intorno ai 20-25 mila euro per tornare in Marocco, ma il padre si era messo di traverso per poter così tornare in Italia. L’uomo era infatti già stato espulso da anni ma era rientrato clandestinamente in Italia e aveva patteggiato una pena ad 1 anno e 4 mesi da scontare ai domiciliari (dove si trova tuttora). Il tribunale dei minori di Ancona lo aveva autorizzato a restare in Italia facendogli promettere di rimettere in riga i figli. I risultati non c’è neanche bisogno di specificare quali siano stati.

Anche la madre dei marocchini minorenni andrà a processo in seguito alle cinque querele presentate dalla vicina di casa che ha dichiarato di essere perseguitata sia dalla donna che dai figli, ripetutamente spronati dalla madre a insultarla e picchiarla.

La famiglia marocchina era assistita da Comune e Caritas: “Qui stavano con la madre, che non lavorava, e altri due fratellini – ha dichiarato la professoressa – Il Comune pagava bollette, spesa, affitto, la Caritas offriva il pacco ma quei figli non studiavano e non volevano ascoltare. Perché non erano stati educati a farlo. Oggi purtroppo abbiamo avuto la prova di cosa ha prodotto quell’abbandono”. No, oggi abbiamo avuto la prova (l’ennesima) di cosa sta producendo la politica delle porte aperte in Italia. La chiamano integrazione, è solo una giungla figlia di una continua disintegrazione.

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I ricongiungimenti familiari sono uno dei drammi di questo paese. Se la Francia è oggi quello che è, con le banlieus in fiamme, è ‘grazie’ ai ricongiungimenti familiari che hanno trasformato un’immigrazione di lavoratori in immigrazione di ripopolamento. Noi stiamo ripetendo lo stesso errore: uno dei primi doveri di un nuovo governo eletto è eliminare subito questa pratica.

E poi: venticinquemila euro estorti alla comunità locale per tornare in Marocco. Tutto perché lo Stato (di merda) fa leggi su pressioni vaticane che impediscono l’espulsione dei minori (in Vaticano hanno una ‘passione’ per i minori) e delle famigliole migranti.