FAMIGLIA TERREMOTATA VIVE IN TENDA DAVANTI CASA PREFETTO CHE TROVA POSTO A 1.114 AFRICANI

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PESCARA- Un sogno lungo 16 anni, 16 anni di lavoro, distrutto dalla burocrazia e dal terremoto.
Francesco Roberto Cucinotta, 48 anni e Alessandra Marsilii, 46 anni, ex campionessa di atletica e giavellotto, entrambi pescaresi, padre e madre di tre figli Miriam , Manuele e Massimo di 21, 20 e 15 anni, dal 9 giugno scorso vivono sotto una tenda davanti ai palazzi di Comune, Provincia e Prefettura. Soprattutto la terza molto impegnata nel cercare hotel per i fancazzisti africani inviati dal governo abusivo.

Senza contare che da qualche giorno hanno dovuto transennare la tenda con un filo di ferro «perché abbiamo subito un’aggressione da un balordo che mi ha picchiata», racconta Alessandra in lacrime mentre fa gli onori di casa e mostra la piccola cambusa di casa dove si trovano tante bottiglie d’acqua, caffè e poco altro, un materassino gonfiabile come letto, altre due piccole tende per ospitare i figli. Adesso, la notte mio marito ed io, facciamo i turni di veglia. Non dormiamo mai tutti e due».

«Appena dopo l’acquisto della casa, nel 1999», raccontano, «lavoravamo entrambi come impiegata e magazziniere, ci siamo accorti di un canalone sotterraneo a pochi metri da casa che ci ha creato diversi allagamenti, i terremoti di questi anni hanno peggiorato la situazione. Dopo aver scoperto che il canalone si trova su terreno comunale, abbiamo iniziato una lunga battaglia a colpi di esposti con il Comune di Alanno che ha inviato tecnici a fare i sopralluoghi per anni senza mai concludere nulla. Neppure quando i vigili del fuoco hanno intimato all’amministrazione di risolvere la questione. Nel 2015, il casale è sprofondato nel terreno e abbiamo dovuto abbandonarlo. Per due anni siamo stati ospiti da parenti e amici tra la zona dello stadio e San Donato, arrangiandoci con qualche lavoretto e con gli aiuti che ci arrivavano dalla parrocchia di San Cetteo. Ogni tanto tornavamo a casa il tempo di cambiarci d’abito, fare una doccia, lavare gli indumenti e portare fuori altre cose. Nel frattempo, con la casa incustodita, ci hanno pure derubato.

La situazione è precipitata a gennaio con l’ultimo terremoto. Di nuovo tornano i vigili del fuoco a fare i sopralluoghi tecnici e il Comune fa un solo passo avanti, ma in negativo: ci impone il divieto di utilizzo della casa. Tutto documentato».

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«Siamo stati un po’ dai parenti e due mesi in albergo ad Alanno a spese del Comune», aggiungono, «nel frattempo avevamo individuato un alloggio, ma il Comune ci ha negato i fondi. Non ce li abbiamo, ci hanno detto. Eppure hanno affrontato i costi dell’hotel per cinque persone. La casa popolare che ci hanno offerto siamo stati costretti a rifiutarla non per capriccio, ma perché l’alloggio casca a pezzi, è fatiscente e ha la muffa sulle pareti». «Ci ha ricevuti l’assessore alle politiche della casa Antonella Allegrino ma dice che non può assegnarci un’abitazione perché fuori residenza e fuori dai requisiti delle graduatorie. Mentre invece, noi sappiano perché abbiamo studiato, che il nostro caso rientra nell’articolo 15 della legge regionale 96/96 che ci esula dalla graduatoria per motivi di dissesto idrogeologico».

«Ora ci sentiamo abbandonati», concludono i due coniugi, «chiediamo di riavere la nostra casa comprata col sudore e un risarcimento danni per ricominciare a vivere».

Intanto, quella prefettura davanti alla quale una famiglia italiana di 5 persone vive in tenda, fa bandi su bandi per l’accoglienza dei giovani maschi africani in fuga dalla guerra in Siria.

Solo negli ultimi giorni ne sono arrivati altri 1.000, ai quali è stata subito trovata casa, anche cacciando da un quartiere alcune centinaia di famiglie italiane.