In reazione alle manovre NATO che ormai sfiorano i confini russi, Mosca ha deciso di schierare i famosi missili S400 a Kaliningrad, enclave russa tra Lituania e Polonia. I vettori sono in grado di trasportare testate nucleari. I media, allarmati, riferiscono che “Berlino è nel mirino, ma anche Stoccolma e Copenaghen possono essere raggiunte”. E’ come dire che siccome gli Usa (e anche la Russia) hanno missili intercontinentali ICBM, allora Roma è nel mirino. Puttanate, come al solito.
Il generale John Rutherford Allen, uno dei guerrafondai Nato, accusa:”La Nato e i suoi membri hanno motivo di preoccuparsi di questa violazione gratuita del Trattato Inf. La Nato dovrà prendere in considerazione misure per difendersi da questa nuova minaccia russa”. Loro schierano i blindati ai confini russi, ma la minaccia sono i missili difensivi a Kaliningrad.
Qualcuno osserverà che i missili di Kaliningrad non sono altro che un deterrente, usato da Mosca per garantirsi un corridoio di sicurezza sul Baltico. Dalla Nato però rispondono chenon c’è alcuna minaccia e che non vi sono mai stati piani di aggressione contro la città russa. Stiamo assistendo, dunque, a una partita a scacchi, che si gioca prima di tutto sui nervi. Oltre che coi muscoli.
C’è un rischio: che alla mossa di Mosca segua una replica della Nato, in un’escalation che riporta le lancette indietro di 40 anni, a prima degli accordi tra Reagan e Gorbaciov (1987), che misero nero su bianco la riduzione degli armamenti nucleari e convenzionali, a partire dal Trattato Inf.
Il pericolo non viene dalla Russia, che non ha alcun interesse ad un confronto. Ma dal complesso militare industriale americano che ha bisogno di un nemico tecnologico, che non possono essere i terroristi islamici. Ha necessità di una corsa agli armamenti che generi miliardi (e anche di immigrati da assumere a basso costo): quindi si inventa il nemico russo. E finge di non vedere quello interno. Per questo aveva puntato forte sulla Clinton.
Ma è un nemico potente. Controlla parte del ‘deep state’, lo stato profondo che sta resistendo alla rivoluzione trumpista soprattutto nell’ambito che più gli interessa: la politica estera. Vuole l’escalation perché questa genera commesse miliardarie della Difesa.