Gianvito Rossi accusata di razzismo, non volle Serena Williams come testimonial di moda

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L’ultimo bizzarro caso di ‘razzismo’ mediatico riguarda, suo malgrado, la prestigiosa firma italiana di scarpe Gianvito Rossi. La marca del lusso è vittima del business della ‘diversità’ che impazza nel decadente mondo anglosassone. Se ti licenziano perché sei incapace, ma sei colorato, puoi denunciare millantando ‘razzismo’, se poi sei ‘coloratA’, ancora meglio.

Così, un ex dipendente della filiale newyorkese della società, tal Whitney Wilburn, ha presentato denuncia dopo essere stata licenziata, asserendo di essere stata vittima di ‘discriminazioni razziali’. Per giustificare l’accusa, ha presentato una spassosa dichiarazione, nella quale indica come prova di razzismo del marchio italiano, non l’avere “concesso uno sconto vip alla tennista Serena Williams”, perché, dice lei, “non volevano pubblicizzasse le loro scarpe”.

Pazzesco. Ora una società non può scegliere chi avere o meno come testimonial. Ce la vedete voi, Serenza Williams:

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Come testimonial di scarpe di lusso, o di qualsiasi altra cosa che riguardi la moda d’alta classe? Ma dai. La realtà è che il razzismo è diventato un business a scopo di lucro, come insegna Kyenge e la sua tariffa da 50 mila euro a botta.

Una casa di moda ha tutto il diritto di non volere accostare i propri prodotti ad un personaggio che, con tutta probabilità, ne deprimerebbe le vendite.