Progetto MIRECO: perché Alfano ha bloccato ispezioni nei centri profughi?

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Progetto MIRECO. Così si chiama il programma di monitoraggio e miglioramento delle condizioni di accoglienza (Mireco è un acronimo inglese che sta per Monitoring and improvement of reception conditions). In teoria dovrebbe controllare che gli amici degli amici non facciano la cresta sull’accoglienza: è un programma del Fami, il Fondo Ue asilo migrazione e integrazione, ci sono 5 milioni e mezzo di euro (soldi nostri che la Ue si prende e poi ci rimanda dopo avere trattenuto il 90%) vincolati per avviare controlli nei centri di accoglienza.

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Ma qualcuno ha bloccato il sistema di monitoraggio. Niente controlli Prima Alfano. Poi, una seconda volta, il suo successore. Il progetto era infatti pronto per partire a Febbraio, il ministro Minniti aveva deciso di gestirlo direttamente togliendolo dalla responsabilità del Fami, poi, anche lui, lo ha bloccato. Intanto spendiamo 1.083.176 euro per raccogliere le videointerviste ai richiedenti asilo.

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Era il 2015 infatti quando, nel pieno delle indagini su Mafia capitale e identificate le cooperative gestite da Salvatore Buzzi e Massimo Carminati nel giro di affari degli appalti del Cara di Mineo, si incominciò a sentire la necessità di mettere a punto un sistema di controllo capillare nei centri di accoglienza. A sedere sulla poltrona più alta del Viminale c’era Angelino Alfano e lì è rimasto, fino al passaggio del testimone a Marco Minniti. E fermo e chiuso, nei cassetti del Viminale, è rimasto anche il progetto Mireco.