I soldi degli italiani andavano in case, macchine, barche, sotto la direzione di don Edoardo Scordio. Il parroco di Isola Capo Rizzuto, in Calabria, insieme con Leonardo Sacco, governatore del centro accoglienza Fraternità di misericordia, gestiva i fondi del Viminale per una struttura che era la sua “azienda privata”. Questi gli ultimi particolari che emergono dalle carte dell’inchiesta sul prete affarista amico dei finti profughi.
Sembra che il gestore della struttura, Sacco, sia il figlio biologico del sacerdote che aveva messo in piedi il business grazie ai contatti con la ‘ndrangheta, in particolare la cosca Arena. Ma i contatti di Sacco e del suo papà parroco dei profughi arrivavano molto in alto. I pentiti che collaborano con i magistrati stanno scoperchiando un vero ginepraio di affari gestiti con i soldi pubblici.
SCANDALO ACCOGLIENZA PROFUGHI, IL MAFIOSO AVEVA CONTATTI MOLTO IN ALTO – FOTO
L’organizzazione del business – Leonardo Sacco, soprannominato il “gabibbo”, era a capo di un centro migranti che faceva lavorare imprese “scelte dalla società maggiore del locale degli Arena”, dice ai magistrati il collaboratore Francesco Oliverio. Queste aziende dovevano pagare agli Arena una percentuale, fatturavano operazioni inesistenti, gonfiavano i costi e in tal modo creavano “fondi neri amministrati dai Giordano, da Pecora zoppa e da Angelo Muraca, i quali facevano usura e comunque finanziavano la cosca Arena”.
Oliverio dice che il gestore dava così da lavorare a persone gradite alla cosca. I dipendenti della confraternita erano tutti familiari e personaggi affiliati all’ambiente del clan.
Nel decreto di sequestro dei beni figurano società agricole, ristoranti, edili, un residence, 4 ville, 81 autovetture, 27 ambulanze e 5 imbarcazioni, oltre a rapporti bancari e polizze assicurative, tutto per un valore di 70 milioni riconducibili a Confraternita e boss. E pensare che i redditi dichiarati variano tra i 17mila e i 50mila l’anno.
BUSINESS PROFUGHI, INTERCETTAZIONE: “AL PARROCO 400 MILA EURO” – VIDEO
Il prete “antimafia” e la frutta marcia ai negri – A gettare ulteriori ombre sul business sporco del prete calabrese arrivano anche altre intercettazioni telefoniche, pubblicate dal “Giornale”. Dove si parla dei “tre euro e 50” per i negri per lasciare al sacerdote il grosso dei proventi. C’è un tale Vincenzo che dice “si stanno lamentando che il pane tutti i giorni è duro. La frutta non è buona che entrano i marocchini e noi li dobbiamo cacciare fuori”.
Le Ong li raccattano, poi li consegnano alle varie Coop del Pd o del Vaticano, che fanno affari con la ‘ndrangheta. Sulla pelle degli italiani, non dei ‘migranti’ fancazzisti provenienti da Bangledesh e Nigeria che vengono qui a farsi mantenere e meritano pane duro e frutta marcia. Comunque sia, Vox ve lo aveva detto a Febbraio:
PM: “Uomo ‘ndrangheta vicino Alfano ha creato impero con centri profughi”