Ci risiamo, Istat fa ‘terrorismo statistico’, e ovviamente i media di distrazione di massa seguono: “L’Italia si Svuota!”, quindi urgono immigrati. Falso, non c’è alcun motivo logico, per il quale una popolazione debba crescere in maniera indefinita nel tempo in uno spazio limitato. Certo, non ci fossero immigrati a degradare il mercato del lavoro e ingolfare quello immobiliare e dei servizi, forse si creerebbero più famiglie con più velocità e di conseguenza più figli. Ma non è una necessità, che la popolazione cresca, è solo l’ultimo delirio del capitalismo che non avendo altra possibilità, usa la crescita demografica come carburante per la crescita economica: illusoria, perché quella pro-capite scende.
Tra 50 anni, forse anche meno, l’Italia sarà un Paese con sempre meno residenti. Se ora siamo 60,7 milioni, nel 2045 passeremo a 58,6 milioni e a 53,7 milioni nel 2065, come riportano i dati Istat.
Si parla di una perdita rispetto al 2016 di 2,1 milioni di residenti nel 2025 e di 7 milioni nel 2065. Mentre nel Mezzogiorno il calo di popolazione si manifesterebbe lungo l’intero periodo, per il Centro-nord – superati i primi trent’anni di previsione con un bilancio demografico positivo – un progressivo declino della popolazione si avrebbe soltanto dal 2045 in avanti.
Una dinamica che, al 2065, porterebbe il Centro-Nord ad accogliere il 71% dei residenti (contro il 66% di oggi), mentre il Mezzogiorno scenderebbe al 26% (dal 34% attuale). L’età media della popolazione, sempre al 2065, dovrebbe passare da 44,7 anni a oltre 50, con la sopravvivenza prevista in aumento fino a una vita media di 86,1 anni per gli uomini e 90,2 anni per le donne (nel 2015 l’aspettativa era di 80,1 anni per i maschi e 84,6 per le femmine). Il picco di invecchiamento dovrebbe colpire l’Italia nel quinquennio 2045-50, quando i nati nel baby boom (1961-1975) passeranno dalla tarda età attiva a quella senile.
A muoversi in rialzo, spiega l’Istat, sarà comunque anche la fecondità: da 1,34 a 1,59 figli per donna nel periodo 2016-2065 secondo lo scenario mediano elaborato dall’istituto. Un apporto significativo nella stima di popolazione residente attesa per l’Italia sarà dato dagli immigrati. Il saldo è previsto in positivo. Essendo mediamente superiore alle 150mila unità annue (133mila l’ultimo rilevato nel 2015). Nello scenario mediano tracciato dall’Istat l’effetto addizionale del saldo migratorio sulla dinamica di nascite e decessi comporta 2,5 milioni di residenti aggiuntivi nel corso dell’intero periodo previsivo.
L’obiettivo, evidente, è quello di fare apparire necessaria l’immigrazione per riempire il vuoto demografico. Delirante. Il calo demografico non è, di per se, negativo. Lo diventa a fronte della pressione migratoria che rischia di sommergerci. Non lo sarebbe se chiudessimo le frontiere. Ma il Potere non vuole. Perché?
Perché diminuzione demografica significa meno “lavoratori” disponibili. E mentre oggi il “coltello dalla parte del manico” ce l’ha il “capitale” – per eccesso di disoccupati – la diminuzione di manodopera causerebbe uno spostamento del potere di negoziazione verso il “lavoro”. Ma non ditelo troppo forte, lo diceva Marx, i Sindacati e la sinistra moderna potrebbero rimanerne turbati.
Una diminuzione della popolazione significa più verde, meno cementificazione. Città meno congestionate. Un dramma. Urge importare africani, per ottenere questo:
Non fatevi fregare: se il numero degli abitanti scende, non è un male. E’ un male solo per chi sfrutta la manodopera low-cost. E non serve riempire quei vuoti con immigrati low-quality, lo si riempie di verde. E poi, c’è la rivoluzione robotica in arrivo, che renderà la crescita demografica non solo neutra, ma negativa.