«Sulle Ong ho forti dubbi», spiega al Giornale un ammiraglio, che fino allo scorso anno era in prima linea sul fronte dell’immigrazione via barconi nel Mediterraneo centrale. «Il bilancio della Moas (quella dell’ereditiera maltese) è gonfiato. Avevano riportato il costo di un milione di euro al mese per un drone ad ala rotante quando a noi della Marina militare un elicottero costava la metà – spiega l’alto ufficiale che ha concluso il servizio da poco – I loro migliaia di sostenitori saranno pure in buona fede, ma secondo me l’operazione è diventata un business. E c’è chi spera che il flusso dei migranti non si fermi».
All’inizio dell’ondata dei barconi verso l’Italia la Moas aveva assoldato Martin Xuereb, ex capo di stato maggiore maltese, che presentò l’Ong anche alla Difesa a Roma. «E sono stati contattati pure alti ufficiali di Marina italiani in pensione per collaborare» rivela l’ammiraglio.
L’agenzia europea Frontex ha rivelato che nei primi mesi di quest’anno le Ong con la loro flotta di una quindicina di navi starebbero superando il 50% dei recuperi in mare dei migranti. «Gli scafisti chiamano con il satellitare Thuraya il centro di Roma della Capitaneria di porto, che poi controlla quali sono le navi nell’area – spiega l’ex alto ufficiale – Se la più vicina è delle Ong la allertano per il soccorso».
I trafficanti di uomini non solo mandano i barconi verso la flottiglia buonista, ma talvolta li fanno salire a bordo a forza. «Con la Marina non osano perché siamo armati. Le navi delle Ong no – spiega la fonte del Giornale – I trafficanti arrivano sotto bordo e fanno salire i migranti. E poi si portano via i barconi vuoti per riutilizzarli».
«Abbiamo sempre avuto sospetti che pure gente con l’abito talare non si prodigasse così tanto solo per missione caritatevole – racconta l’ammiraglio non più in servizio attivo – Ci chiamavano segnalando l’arrivo dei barconi sottolineando che stavano registrando la telefonata. Una specie di ricatto. Penso che per certi personaggi salvare i migranti sia diventata una professione».
Il riferimento riguarda casi emblematici come quello di padre Mussie Zerai, che si crede Mosè. A tal punto che ha intitolato il suo libro uscito in gennaio Padre Mosè – Nel viaggio della disperazione il suo numero di telefono è l’ultima speranza. Don Zerai si vanta di aiutare i migranti ad arrivare in Italia da 15 anni. Però, recentemente, è stato trasferito da Roma nella parrocchia svizzera di Friburgo. Eritreo, di origine, è diventato sacerdote nel 2010. Grazie alla sua onlus Habeshia ha fondato Watch the Med, portale telefonico europeo attivo via web per aiutare chi vuole arrivare da noi sui barconi. Guarda caso il portale è nato grazie alla campagna internazionale Boat4people, che ha come aderenti l’Arci, l’associazione della sinistra italiana.
Vox lo aveva scritto nel 2013:
Il traffico funziona in questo modo. Si prende il mare dalla Libia, poi si danneggia il barcone e si avvisa Don Mosè Zerai – il sacerdote eritreo responsabile dell’agenzia Habeshia – da quel momento parte la segnalazione del sacerdote alla Guardia Costiera: “mi hanno chiamato e stanno affondando, sono…”. Il resto lo immaginate: i nostri “crocerossini” corrono in acque libiche a prendersi i clandestini. O inviano gli scafisti umanitari delle ONG.
Il ‘prete, sulla sua pagina Facebook, segnala ai coloni già presenti in Italia la sua attività. Tutto avviene alla luce del sole. Con la protezione del Vaticano. Poi, però, quelli che lui definisce profughi – di quale guerra? – non finiscono in Vaticano, ma nelle nostre città.
Intanto nessun magistrato indaga. Eppure ci sarebbero ottimi motivi: come mai gli scafisti hanno il suo numero? Conoscete disperati col satellitare? E’, il prete, per caso anche implicato nella truffa dei falsi profughi minorenni? A quanto pare, la procura di Roma non aveva tempo per indagare Don Mosè Zerai e i suoi strani contatti.
Il business dei “profughi” è un business fiorente che ha ben attecchito nella cerchia dei “preti” xenofili e delle loro associazioni. Non è quindi bizzarro che, visti i soldi che ogni immigrato vale per l’associazione che lo ospita, la stessa cerchi di farne arrivare il più possibile. Bizzarro è che nessuno indaghi.
Ancora più scioccante, è che la Guardia Costiera risponda con ossequio al ‘prete’- lo leggerete negli screenshots sul suo profilo – e che, una volta salvato il barcone, la prima volta, non abbia richiesto indagini su questo personaggio che riceve chiamate dai trafficanti di carne umana. No, continuano a correre dove lui li manda. Anche ora che è a Friburgo.
Battibecco con il candidato premio Nobel per la Pace Don Zerai: mi ha cercato per provocarmi…ma è rimasto spennato!!!
Posted by GIANLUCA BUONANNO on Giovedì 30 aprile 2015