Derby di Pechino: il Milan diventa cinese, forse

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Sull’impero di Berlusconi inizia a tramontare il sole. Tra agnellini e biberon. Lo speculatore cinese Li Yonghong è formalmente diventato il nuovo proprietario del Milan, che passa di mano dopo 31 anni di gestione da parte di Silvio Berlusconi. È infatti andato a buon fine il fantomatico closing con la Fininvest che, a fronte del versamento con cui è stato completato il pagamento, ha ceduto il 99,93% delle azioni alla società veicolo lussemburghese Rossoneri Sport Investment Lux, creata ad hoc. Operazione alquanto misteriosa. Fatta di paradisi fiscali e improbabili veicoli lussemburghesi. Senza dimenticare le garanzie a società terze.

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Nei mesi scorsi Li Yonghong aveva rinviato due volte la chiusura dell’affare versando 250 milioni di euro di caparra. Secondo quanto filtra, i capitali residui per completare il pagamento di 520 milioni di euro sono stati depositati in queste ore sui conti della società veicolo lussemburghese Rossoneri Sport Investment Lux, da dove devono essere trasferiti a Fininvest. Nel frattempo l’attuale ad rossonero, Adriano Galliani, ha lasciato lo studio legale dove è in corso il vertice.

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Domenica derby di Pechino a San Silo. La capitale economica d’Italia con due squadre di calcio ‘cinesi’: simbolico. Ci stanno comprando con i nostri soldi. O forse, secondo alcuni maligni, con i soldi di B.

Un’indagine de Il Sole 24 Ore ha provato nelle scorse settimane a ricostruire il suo patrimonio e le sue partecipazioni, scontrandosi con società intestate a sconosciuti o anche alla moglie Miss Huang.
Il patrimonio di Li in quote cinesi si aggira sui 500 milioni di euro, usati come garanzia, sempre secondo il quotidiano economico. Il conto è di 504 milioni, per la precisione. E si compone di quote in attività legate al mondo dell’edilizia e del packaging. Una parte a nome di Yonghong Li e un’altra in capo alla moglie, la signora Huang. New China Building, Zhuhai Zhongfu Enterprise, Zhuhai Zhongfu Plastic Bottling Co Ltd… sono alcune delle società che vedono la presenza diretta o indiretta di Li tra i detentori delle quote. In Cina, sempre secondo Il Sole 24 Ore, il broker non sarebbe molto noto, se non per una presunta truffa perpetrata alla fine degli Anni 90 ai danni di 18mila risparmiatori.