Le intercettazioni: «Distruggiamo chiese, diventeranno moschee»

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Ricco il materiale documentale acquisito dagli investigatori sotto forma di libri e documenti a sfondo islamico, video, telefonini e smartphone.

Ieri si sono svolti i primi due interrogatori di garanzia, a Venezia e Belluno, dove sono detenuti rispettivamente Arjan Babaj, 27 anni, ritenuto l’ideologo del gruppo, e Dake Haziraj, 25: entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Per questa mattina sono fissati, a Treviso l’interrogatorio di Fisnik Bekaj, e a Mestre, al Tribunale per i minorenni, quello dell’indagato diciassettenne, che dalle intercettazioni risulta essere il più fanatico e infervorato. È lui, conversando con i suoi connazionali, a parlare del Paradiso che si potrebbe conquistare mettendo una bomba a Rialto e, in un’altra occasione, a dichiarare che «la miglior bevanda è il sangue dei kafiri», i miscredenti. «Per i musulmani è un obbligo distruggere le chiese e trasformarle in moschee», dichiara Babaj in un’intercettazione di poche settimane fa.

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Il che è vero, è scritto nel Corano. E’ il jihad.

Violenze, minacce e quelle immagini di bombe e granate. Non è passò inosservato l’arrivo a Venezia di Dake Haziraj, uno dei kosovari arrestati giovedì nel corso del blitz antiterrorismo dei Carabinieri e dei Nocs. Sono almeno due i gravi episodi che hanno allertato le forze dell’ordine. Il primo nel 2014, ai danni di un veneziano, il secondo nel 2015, contro una collega del negozio in cui lavorava. Come riportato ieri da Il Gazzettino, il veneziano Gabriele Dal Moro ha raccontato che Dake Haziraj e Fisnik Bekaj erano aggressivi al lavoro e intolleranti nei confronti dei cristiani. Tre anni fa, tra febbraio e marzo del 2014, Haziraj litigò con un cliente veneziano e ne sfociò una violenta rissa all’esterno del locale. «Non ho sentito il motivo della lite – racconta Dal Moro – ma quando sono intervenuto Haziraj stava massacrando di botte il cliente». Da qui la frase “cristiano di m…”. Il contratto del kosovaro nel negozio di pasta termina dopo due anni, il 30 aprile 2015, ma un paio di giorni prima si verifica il secondo episodio violento, stavolta contro la fidanzata del titolare, che lavora lì. «Lei stava giocando con il cellulare, voleva mettere della musica, lui è uscito di testa: pensava che volesse riprenderlo con il telefonino. Le ha urlato Non devi farmi video! e si è avventato su di lei con uno strumento che utilizziamo per tagliare la pasta, a metà tra un cacciavite e un coltello, un oggetto contundente. Ho temuto che volesse ucciderla».