Nuovo scandalo sul ‘bronzo di Riace’, grande amico di Boldrini e Bergoglio. Dopo l’audio choc dell’intercettazione nella quale concordava appalti, ecco sul capo del sindaco di Riace, noto nel mondo per avere trasformato la sua cittadina in un avamposto africano in Italia, l’accusa della commissione di funzionari della Prefettura di Reggio Calabria, inviata a Riace per indagare sul locale progetto SPRAR.
I tre ispettori denunciano anomalie nell’affidamento diretto, da parte del sindaco Lucano, a specifici enti gestori senza aver mai indetto una gara pubblica alla quale avrebbero potuto partecipare anche altri oltre ad associazioni e cooperative amiche scelte de imperio dal primo cittadino. Con oltre 2 milioni di euro annui da gestire per l’accoglienza dei fancazzisti, utilizzati in modo opaco.
Se si pensa che almeno un terzo dei 150 richiedenti asilo risulta essere illegalmente ospite in termini di durata massima di permanenza (due anni anziché 6 mesi), già si può conteggiare uno spreco pari a oltre 600 mila euro annui. Superano abbondantemente i 500 mila euro, poi, le spese senza «pezze d’appoggio», o con giustificazioni poco chiare o raddoppiate. Fra queste, i 12 mila euro per i 9 mila litri di carburante per auto che avrebbero dovuto assicurare la percorrenza di oltre 200 mila chilometri annui ad un automezzo che, in oltre dieci anni di vita, ne ha percorsi, in totale, solo 188 mila. Nessuna giustificazione anche per i 40 mila euro di parcelle per legali ed interpreti. Poco chiare le spese per il fitto di abitazioni (classificate A/3) in uso agli immigrati, di cui mancano attestazioni di agibilità e abitabilità, di proprietà di parenti dei responsabili degli enti gestori lo Sprar: oltre 200 mila euro annui. Senza dimenticare che altri 600 mila euro sono spesi annualmente per stipendiare 70 operatori, non sempre e non tutti con le carte in regola. Per esempio, quell’assistente sanitario munito semplicemente di un diploma di agrotecnico. O, addirittura, quel direttore generale di alcuni fra gli enti gestori che, essendone anche presidente, riveste il doppio ruolo di datore di lavoro e dipendente di se stesso, con tanto di doppia firma sui documenti ufficiali. Senza tener conto, per rafforzare il dubbio, ove mai fosse necessario, che lo stesso era stato dipendente comunale con la mansione di «manutentore della rete idrica e fognaria» del paese.
Come ebbe a dire Buzzi, l’immigrazione è un business che rende più della droga. E le cosche del PD-NCD-Vaticano stanno speculando in modo più che osceno accaparrandosi appalti e marchette a non finire: tutto a spese dei contribuenti facendo sparire milioni di euro sia in modo legale – perché già accogliere fancazzisti africani è uno spreco seppure legale – e illegale attraverso false fatturazioni e assunzioni di amici degli amici o membri di partito.
Diciamo le cose come stanno: la parte peggiore del Sud, quella che vive solo di soldi pubblici, sta speculando sull’invasione. In molti mangiano come forsennati con il business dei cosiddetti profughi: al nord ci sono le Coop rosse e vaticane, al sud le Mafie.