Venezia, il mistero dell’ereditiera saudita bloccata con proiettili di kalashnikov e messa ai domiciliari

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Il caso della cittadina saudita che stava per imbarcarsi all’aeroporto “Marco Polo” di Venezia con proiettili calibro 7.62 per kalashnikov nel bagaglio a mano, si fa interessante.

Abdulle Asma Mohamad ha trentadue anni e abita a Treviso con un fratello. E’ figlia di Abu Taleb Mohamad che ha rilevato a Fagarè di San Biagio di Callalta, in provincia di Treviso, la Panto, la società che fu leader nella realizzazione di infissi. Morto nel 2006 il titolare Giorgio Panto, che aveva dato vita a un piccolo impero economico e politico con il movimento Progetto Nordest, la società era entrata in crisi. I sauditi erano arrivati con i soldi e avevano rilevato. Ovviamente senza alcun controllo: ci stiamo facendo comprare a pezzi dai finanziatori del terrorismo islamico.

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La donna è agli arresti domiciliari in un grande appartamento di Treviso. Non sta bene tenere in carcere la figlia di un ‘emiro’, che può sempre regalare tanti Rolex.
Davanti al magistrato l’ereditiera islamica si è giustificata spiegando che era arrivata a Treviso il 19 gennaio. Da Riad aveva fatto scalo a Parigi dove si era fermata alcuni giorni e il bagaglio, che era stato imbarcato nella stiva, era andato smarrito. Gli era stato recapitato il giorno successivo in un albergo a Treviso. I proiettili erano nella borsa del computer, che non avrebbe aperto fino a quando era arrivata in aeroporto. Insomma, i gingilli bellici potrebbero essere stati inseriti nella borsa da qualcun altro. Questa la tesi sostenuta anche dagli avvocati difensori Francesco Stilo di Treviso e Marco Florit di Udine, che hanno ottenuto i domiciliari considerando anche che la donna è incensurata e non rientra in alcuna lista di persone sospette.

Ignorato il fatto che sul suo cellulare era contenuta la foto di una donna con il velo, un kalashnikov in mano e la scritta “Allahu Akbar” e tre sim, due turche e una siriana, occultate nella custodia del passaporto.