“Gay lo hanno ucciso per vedere quanto soffriva”

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Luca Varani è stato ucciso perché i gay Manuel Foffo e Marco Prato cercavano “un qualsiasi soggetto di uccidere o comunque da aggredire al solo fine di provocargli sofferenze fisiche e togliergli la vita”. E torniamo al problema di fondo: altro che ‘omofobia’, sono i normali a doversi proteggere dalle perversioni dei gay.

Lo sostiene il pm di Roma Francesco Scavo che chiede per i due il rinvio a giudizio nell’udienza preliminare sull’omicidio davanti al gup Nicola Di Grazia. Oltre alla premeditazione, la procura contesta ai due trentenni le aggravanti della crudeltà e dei futili motivi. Michele Andreano, avvocato difensore di Foffo, ha già annunciato che depositerà oggi una perizia medica e chiederà il rito abbreviato per il suo assistito.

Nel provvedimento di chiusura indagini la procura ricostruisce l’omicidio. La notte del 3 marzo 2016, i due “dopo aver fatto entrambi ripetuto uso di sostanze alcoliche e stupefacenti” per giorni, sono usciti e hanno “girato in macchina per la vie di Roma”, alla ricerca di qualcuno da torturare. Tornati a casa all’alba, hanno quindi chiamato e invitato Luca Varani a casa di Foffo. Qui lo “hanno fatto denudare” e gli hanno offerto da bere. Nel bicchiere i due avevano però messo uno psicofarmaco che “lo stordiva a tal punto da costringerlo a recarsi in bagno”. A quel punto lo hanno torturato e massacrato con coltelli, corda di nylon e martello, fino a farlo morire due ore dopo.

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Il giovane è stato colpito un centinaio di volte: prima alla testa, per stordirlo. Poi al volto, in particolare sulla bocca, e alla gola (prima con un tentativo di strangolamento, poi a coltellate). Infine per trenta volte sul petto. Nessuna delle ferite però è stata letale: Varani è morto dissanguato, dopo quasi due ore di sevizie.

Solo allora i due si sono fermati e si sono addormentati, di fianco al cadavere. Nel pomeriggio del 4 marzo, lasciarono la casa per liberarsi degli abiti sporchi di sangue e del telefono della vittima. Poi Prato si fece accompagnare in un albergo di piazza Bologna, dove avrebbe tentato il suicidio con un mix di alcol e barbiturici. Foffo invece tornò a casa e si addormentò sul divano, a pochi metri dal corpo di Varani.

Solo la mattina del 5 marzo, Foffo raccontò al padre quanto accaduto e decise di costituirsi. Quando gli inquirenti gli chiesero perché avesse ucciso il giovane, lui rispose solo: “Volevamo fare male… a qualcuno”.