Aveva moglie e figlia, poi è arrivato un migrante ubriaco, straziante

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Dal giornale locale, straziante:

«Dopo il 31 gennaio per me sarà tutto il secondo. Il secondo San Valentino da solo, il secondo compleanno senza di loro». E’ passato quasi un anno dalla morte di Barbara Marzanna Stepien, 51anni e della piccola Letizia Fiacchini, di 10. Una tragedia che in un attimo a Luca Fiacchini ha portato via la compagna e la figlia tanto amata.

«Non ho smesso di piangere. Alcuni momenti sono molto difficili, ogni volta che vado al cimitero a trovarle mi si stringe il cuore e finisco sempre in lacrime. Natale poi non ne parliamo. Il primo passato da solo, senza Barbara e Letizia, senza tutti i pacchetti sotto l’albero» ci racconta Luca con un groppo alla gola. «Ma sto cercando di vivere alla giornata» continua.

«Ho cercato di elaborare quanto mi è accaduto. Tanti gli amici che mi sono stati vicini. Adesso sto meglio, solo qualche mese fa non ce l’avrei fatta a fare questa conversazione senza piangere a dirotto. Certo non ho smesso di farlo, ma cerco di guardare alla vita con occhi nuovi, più speranzosi».

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Speranza che dopo quel maledetto 31 gennaio 2016 Luca pensava di aver perso definitivamente. Quel giorno tutto si è spento a San Leo, proprio all’ingresso del paese, in cima alla salita che arriva da Montione, intorno alle 19. Quando una minicar piombò sulla donna e la piccola, uccidendole. Una minicar, di quelle senza targa, guidata da un romeno poi risultato ubriaco.

Lui, Alexe Danut, quarantenne, condannato a nove anni con l’accusa di omicidio colposo plurimo aggravato, inchiodato dal suo tasso alcolemico, superiore al consentito. Barbara e Letizia stavano tornando a piedi da un festa. Amavano passeggiare e anche quel tardo pomeriggio lo stavano facendo, fianco a fianco, sul marciapiede, in direzione della casa.Lì dove le stava aspettando Luca.

Era stato proprio il loro ritardo ad allarmarlo, a farlo scendere in strada per controllare dove fossero. Fino all’amara scoperta. La figlia morta sotto il telo, la moglie già partita per l’ospedale e i due romeni (il guidatore e il passeggero) a fianco contestati aspramente dalla gente, spingendo i vigili a intervenire per evitare il peggio. In un attimo tutto si è spento. Un’intera vita. La sua vita, insieme a quella della compagna e della figlia, tanto voluta. Malgrado in tanti tentassero di fermarlo, è riuscito ad alzare quel lenzuolo per provare a tirare su la piccola.

«E’ la mia bambina» aveva urlato con tutto lo strazio di quegli istanti. Poi il crollo: ha avuto un malore ed è stato portato anche lui in ospedale. Il risveglio in quel letto è stato atroce. Lo sono state le giornate successive. Uno strazio senza fine. Un vuoto incolmabile che giorno dopo giorno sembrava sempre più grande. «Adesso sarà tutto il secondo» ci ripete Luca con un leggero sorriso.

«Sto dietro anche a mia suocera con la quale ci sentiamo su Skype. La sgrido perché continua a non capacitarsi dell’accaduto. Voglio che vada da uno psicologo, ma non mi ascolta» sorride. Intanto gli amici continuano a stargli vicino, adesso stanno pensando di dar vita ad una fondazione in memoria di Barbara, per cercare di portare avanti il lavoro che la donna faceva con i bambini di famiglie miste, polacche e italiane. Perchè oltre al ricordo, continui la vita.