“Da comunista vi dico: gli immigrati sono animali”

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Roberto Simonazzi vive alla Bolognina, ha la casa popolare da cui svetta una bandiera italiana, in mezzo allo spaccio degli immigrati.

“Prima noi italiani – urla Roberto – Bravi i romani di San Basilio a reagire, io sto con loro”. Non sorprende che questo ex operaio di 54 anni, orfano e al lavoro da quando ha 14 anni, abbia coltivato così tanta avversione nei confronti dei migranti: “Questi animali – dice al Corriere – mi hanno aggredito già tre volte”.

Come molti altri ex operai della Bolognina, Roberto è stato comunista e poi militante della Cgil. Nell’angolo poco lontano, dalle 3 del pomeriggio gli spacciatori riforniscono i tossicodipendenti bolognesi. Sono quasi tutti migranti, nascondono le dosi nella corteccia degli alberi o sotto le auto e molti di loro vivono (o occupano) le case popolari: un vero e proprio outlet della droga gestito dagli immigrati.

“Qui la battaglia è quotidiana – dice Roberto – furti, spaccate, spaccio ovunque. Puntano solo gli italiani per farci andare via”. E in effetti in Bolognina si vedono sempre più stranieri e sempre meno italiani.

Per questo da ex comunista pentito ora Roberto li chiama “animali”. Perché non ne può più. “Tengo a portata di mano una boccetta di antidepressivo – afferma – La mia fortuna è l’invalidità, lo ammetto, e campo così. Aggiungendoci poi quello che mi danno gli amici dell’associazione”.

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Alle elezioni Roberto ha votato M5S, ma a Bologna la sua preferenza l’ha data alla Lega Nord di Salvini. “Chi devo votare? – si domanda – Mi hanno trasformato in un caso sociale dentro una bomba sociale”.

Presentato come quartiere multietnico, si tratta più che altro di un ghetto.
Silvia Bertozzi è titolare della tintoria Edera, attività che la sua famiglia gestisce da oltre cinquant’anni, di recente presa più volte di mira dai ladri come tante attività del vicinato.

“Abbiamo trovato la saracinesca forzata e il vetro rotto quando siamo arrivati ad aprire. Alcuni vicini di casa ci hanno detto di aver sentito dei rumori intorno all’una e mezza di notte. Non si sono allarmati, perché hanno pensato si trattasse dei netturbini al lavoro per la raccolta del vetro”, spiega la titolare al Resto del Carlino. “Hanno fatto un danno almeno da mille euro per rubare quanto, poi? Neanche 15 euro in monetine, perché tanto lasciamo di fondocassa dopo il furto di ottobre scorso”.

“Guarda un po’ – spiega sempre la Bertozzi – vengono prese di mira solo le attività gestite da italiani. Eppure, qui in zona, è pieno di negozi di stranieri. È come se ci fosse un disegno dietro. Una volontà di cacciare gli italiani dalla Bolognina, di fare diventare questo quartiere un ghetto. Qui, dopo le 16,30 non si può andare in giro. C’è da avere paura”. Un timore, quello della proprietaria della tintoria, confermato da un altro episodio: è di pochi giorni fa la notizia che un altro commerciante ha dovuto spostare la sua attività a causa di ripetute minacce e aggressioni da parte di concorrenti stranieri. Il “giro” sembra essere quello legato ai pachistani, settima etnia a Bologna (secondo i dati ufficiali, che non tengono ovviamente conto delle presenze dei clandestini), e terza fra le extraeuropee, il cui racket è cosa nota.

Nonostante lo scoramento, la titolare non demorde: “Io qui ci vivo e ci lavoro. E voglio continuare a farlo. Fatti come questo demoralizzano. Ma se credono che lasceremo l’attività si sbagliano di grosso. Noi resistiamo. E restiamo alla Bolognina”.

Dove i commercianti ora sono costretti alle ronde. Alle quali partecipa anche Roberto. Ex comunista.