GENTILONI E’ GIA’ SENZA MAGGIORANZA IN SENATO, VERDINI INSODDISFATTO

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Sono 113 i senatori del Pd, incluso il presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso che, per prassi, non partecipa al voto di fiducia e si dà per scontato che vi siano 112 sì. Diciannove i senatori del gruppo Autonomie in cui siedono i senatori a vita, non sempre presenti nelle votazioni. Il più assiduo Giorgio Napolitano, presente anche all’ultimo voto di fiducia sulla legge di Bilancio. Area Popolare conta 28 senatori dopo che l’Udc, rappresentata in Senato da Antonio De Poli, si è sfilata. De Poli voterà la fiducia come lo farà Ap, anche se, si apprende, qualcuno potrebbe sfilarsi. Intanto i gruppi Ap di Senato e Camera, probabilmente con Angelino Alfano, dovrebbero riunirsi domani intorno all’ora di pranzo. Alle 13 anche i senatori del Pd faranno un’assemblea. Dei ventotto senatori del gruppo Misto ad oggi sono stati, a giro, non più di otto i senatori che hanno votato la fiducia. Nel Misto siedono anche le tre senatrici del Gruppo Fare (il leghista rinnegato Tosi) che, si apprende, ancora non hanno sciolto le loro riserve e decideranno, in un incontro, oggi.

In Gal sono quattordici i senatori, ma fra questi solitamente hanno votato finora la fiducia al Governo in non più di tre. Mercoledì, se si voterà la fiducia, potrebbero essere al massimo cinque a dire sì al governo. Non la voterà il presidente di Popolari per l’Italia e non la voteranno i senatori del Movimento Idea fondato da Gaetano Quagliariello. Sono due e a breve dovrebbero traslocare nel gruppo dei Conservatori e riformisti che attualmente è all’opposizione ed è costituito da dieci componenti che, a giorni, potrebbero diventare, si apprende a Palazzo Madama, quattordici, con altre due new entry ancora “coperte”, oltre a Quagliariello e Giovanardi.

E poi c’è il bordello di lusso guidato da Denis Verdini, che può contare su una scuderia di diciotto senatori. Verdini ha minacciato di non votare la fiducia a Gentiloni: “Apprendiamo la seria possibilità che venga varato un governo ‘fotocopia’, senza alcun approfondimento sulle questioni in campo, di conseguenza, in coerenza con un’azione che in questi ultimi diciassette mesi ha assicurato al Paese la governabilità e la realizzazione di importanti provvedimenti senza alcuna contropartita, non voteremo la fiducia a un governo che ci pare al momento intenzionato a mantenere uno status quo, che più dignitosamente sarebbe stato comprensibile con un governo Renzi bis”.

In verdiniano, ‘approfondimento’ significa posti nel governo. Visto che Verdini è arrivato in soccorso di Renzi a governo formato, ora intendeva passare all’incasso con qualche poltroncina.

Senza i voti di Verdini, il nobile decaduto Gentiloni potrebbe, forse, passare la fiducia, ma non reggere altri voti al Senato.

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Intanto Gently è sgattaiolato fuori dal Quirinale accettando l’incarico e si è già scatenata la caccia alle poltrone.

Sempre più certo un trasloco di Angelino Alfano agli Esteri, mentre agli Interni arriverebbe Marco Minniti.

Quanto a Maria Elena Boschi lascerebbe il ministero delle Riforme per palazzo Chigi come sottosegretario alla presidenza del Consiglio e assumerebbe le deleghe di Claudio De Vincenti che a sua volta prenderebbe la guida di un nuovo ministero ad hoc per il Sud.

Sembra segnato l’addio di Stefania Giannini, ma sull’Istruzione ancora non si è sciolto il dubbio sul successore. Ci dovrebbe essere invece l’ingresso in squadra di Anna Finocchiaro ai Rapporti con il Parlamento e Riforme.

Il resto del governo subirebbe pochi cambi, perché ha fatto ‘bene’: sarebbero confermati Beatrice Lorenzin alla Salute, Enrico Costa agli Affari regionali, Luca Galletti all’Ambiente, Giuliano Poletti al Lavoro, Dario Franceschini alla Cultura, Marianna Madia alla Pa, Maurizio Martina all’Agricoltura. Tra gli intoccabili, Pier Carlo Padoan all’Economia, Carlo Calenda allo Sviluppo, Andrea Orlando alla Giustizia, Roberta Pinotti alla Difesa.