Cassazione sdogana affitto in Nero ai clandestini: “Non è reato”

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Un canone mensile “equo” mette al riparo dall’accusa di favoreggiamento chi affitta una casa a un clandestino.

E a stabilirlo è una sentenza della Cassazione: se la cifra dell’affitto mensiole non genera un “profitto” ingiusto allora non scatta il reato. Come sottolinea il Sole 24 Ore, il Testo unico immigrazione (Dlgs 286/98), all’articolo 12, prevede come “(…) chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni. (…)”.

Fin qui la norma è abbastanza chiara. Ma adesso un pronunciamento della Cassazione rischia di ribaltare questo principio che è un deterrente anche contro gli ingressi illegali nel nostro Paese. Secondo la Suprema Corte per far scattare il reato il costo mensile dell’affitto deve essere esorbitante rispetto ai prezzi medi delle abitazioni nella stessa zona o nel palazzo. Il caso che in questo caso fa giurisprudenza riguarda il proprietario di una casa a Milano.

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La Suprema Corte ha dato ragione all’imputato e annullato senza rinvio la sentenza della Corte d’Appello di Milano, perché “il fatto non costituisce reato”. Secondo la Cassazione, sempre come sottolinea il Sole, occorre “dimostrare il carattere ingiusto del profitto ritratto nel caso di specie dall’imputato dalla locazione dell’immobile a cittadini extracomunitari. Obiettivo che la sentenza impugnata non ha raggiunto”. Mentre “il margine di profitto della sublocazione non appariva così ampio da esimere i giudici del merito dall’ancorare la valutazione in questo senso operata ad un serio accertamento sul valore effettivamente attribuito dal mercato all’affitto dell’appartamento di cui si trattava”. E nella sentenza della Cassazione il nodo centrale è proprio quello della tariffa della locazione: infatti i giudici hanno tenuto conto del fatto che il proprietario aveva già affittato ad altri due immigrati regolari la sua abitazione, mentre nell’ultimo caso l’ha affittata sì a soggetti “irregolari” ma a un canone inferiore rispetto al passato. Ed è qui che scatta la “salvezza” per l’imputato. Infatti in in questo caso viene meno l’ipotesi dell’ingiusto profitto. Dunque se si affitta la propria casa ad inquilini clandestini con lo “sconto” ci si salva dai guai con la giustizia.

La magistratura in generale e la Cassazione in particolare dimostrano, una volta ancora, di essere in buona parte contro gli Italiani. Sentenze come questa gridano vendetta.

Sia perché la legge è chiara: colpisce chi affitta a clandestini non tanto – o non solo – per il ‘profitto’, ma perché così facendo danneggia la collettività ospitando un illegale.
Sia perché, inoltre, se l’affitto è in nero la Cassazione dovrebbe spiegarci come si fa ad individuare l’ingiusto profitto.