IMAM PROFUGO PREPARAVA STRAGE A STAZIONE TERMINI

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“Gli elementi raccolti provano che Mohamed Abdulabi era pronto in prima persona a realizzare attentati anche in Italia. Le sue conversazioni non lasciano spazio a interpretazioni alternative e mostrano come il giovane abbia ben chiaro cosa sia lo Stato islamico e la sua ideologia ed è pienamente consapevole che il sostegno a quella causa passa anche attraverso attacchi terroristici nei paesi occidentali”.

Istigazione al terrorismo, condannato il giovane Imam somalo

E’ quanto scrive il giudice Teresina Pepe nella sentenza del processo a carico dell‘imam somalo arrestato lo scorso anno a Campomarino (Campobasso), mentre era ospite di un centro di accoglienza, con l’accusa di terrorismo. Nelle diciotto pagine depositate nei giorni scorsi viene motivata la condanna a due anni e mezzo a carico del giovane (attualmente detenuto a Sassari) che progettava un attentato alla ‘Stazione di Roma’. L’inchiesta sulla vicenda è stata guidata dal procuratore Armando D’Alterio.

Due anni e mezzo?

Il giorno dell’arresto:

Gli smartphone sequestrati al 22enne nato in Arabia Saudita, che ha dichiarato di essere collegato al terrorismo somalo, arrestato per induzione al terrorismo nel centro di accoglienza Happy Family inviati a esperti per i riscontri sui filmati dei blog e le telefonate fatte dal giovane, che secondo i racconti dei connazionali ospiti nella struttura di Campomarino aveva esultato ascoltando degli attentati di Parigi e predicava la necessità di “farci saltare in aria per uccidere il nemico peccatore”. L’interrogatorio di garanzia fissato per sabato mattina. “E’ molto provato, respinge le accuse e non riesce a capire perché si trova in carcere” spiega l’avvocato Di Rienzo, che aspetta di avere un interprete arabo per comunicare in maniera approfondita col ragazzo, rinchiuso nel penitenziario di Larino. La cooperativa che gestisce il centro di accoglienza intanto parla pubblicamente: “E’ una marcia, fa scalpore ma non si può nascondere tutta la parte sana che ha portato proprio a scoprire questa vicenda”.

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Strana storia quella di Mohammed A., 22 anni ancora da compiere e nato in Arabia Saudita, arrestato dalla Digos mercoledì all’alba per induzione al terrorismo. Strana storia perchè si sa poco o nulla di lui e del suo passato e di come sia arrivato in Italia 8 mesi fa.

Quello che si sa è che faceva ascoltare ai ragazzi somali (lui parla il somalo e l’arabo), musulmani come lui ospiti del centro di accoglienza Happy Family i messaggi che incitavano ad attaccare i “nemici occidentali e peccatori”.

Faceva vedere loro filmati pescati sui blog arabi che mostravano violenza, decapitazione, cinture esplosive. «Voleva farci diventare kamikaze, ci diceva di arruolarci alla causa jihadista, di approfittare di questo mese in cui si organizza il mercato della Jihad». I ragazzi hanno preso le distanze da quel giovanissimo Imam che di fatto aveva usurpato il posto di leader religioso al giovane che lo aveva preceduto prima di venire trasferito altrove. Anzi: sono andati a raccontare di quelle frasi “pericolose” al responsabile della struttura Sebastiano Di Nardo. «Predica di farsi saltare in aria alla stazione di Roma, dice di essere legato ai terroristi somali di Al Shabab».

Nato a Riyad, in Arabia Saudita, parla oltre all’arabo il somalo. Con questa comunicava in prevalenza con gli altri ragazzi del centro. Ha riferito ai compagni di avere contatti fra i terroristi di Al Shabab e di aver vissuto per molti anni in Somalia.

«Abbiamo cominciato a lavorare per ricostruire la rete di contatti del ragazzo in Europa» dice il Procuratore capo di Campobasso Armando D’Alterio che ha coordinato l’indagine, alla quale collabora anche Eurojust, avviata diversi mesi fa e sfociata, mercoledì 9 marzo, con i fermo del giovane che secondo fonti investigative proprio in quel giorno sarebbe potuto fuggire in Siria e arruolarsi ai miliziani jihadisti.

Era era arrivato in Italia dall’Austria l’8 aprile dello scorso anno dopo aver vissuto per brevi periodi in otto paesi diversi: Somalia, Arabia Saudita, Ucraina, Norvegia, Svezia, Germania, Ungheria e Austria. Ha presentato diverse richieste di asilo (la prima nel 2010) in diversi paesi, Norvegia, Svezia, Germania, Ungheria e Austria, ma le sue richieste sono sempre state respinte. E questo “curriculum” ha destato l’interesse degli investigatori, convinti di non trovarsi davanti a un ragazzo esaltato ma tutto sommato innocuo, bensì a un personaggio assai più controverso e complesso, che potrebbe avere avuto e avere tuttora una rete di contatti con le milizie del terrore estremiste.