ISLAMICI ROMA MINACCIANO: “PREGHEREMO ALLAH IN PIAZZA SAN PIETRO”

Vox
Condividi!

Prima hanno dissacrato il Colosseo, ‘pregando’ Allah tra le storiche rovine, per protesta contro la chiusura delle moschee abusive. Con il beneplacito, vergognoso, di Pretetto e Comune. Ora minacciano di trasformare il centro della Cristianità in una moschea all’aperto.

Ma i sequestri proseguono. Alcuni giorni fa, un’altra moschea abusiva camuffata da ‘centro culturale’ è stata chiusa nel quartiere Boccea. E’ la sesta moschea non a norma ad essere posta sotto sequestro in pochi mesi. Poche, visto che sono decine.

Il Giornale ha intervistato gli islamici che presidiano la zona. Li definiscono, in modo piuttosto bizzaro, ‘comunità islamica di Roma’:

Vox

«Noi viviamo qui, lavoriamo qui, non possiamo mica andare a pregare ai Parioli – spiega Anwar, presidente di una sala preghiera del quartiere -. In Italia non c’è una legge per le moschee, quindi noi troviamo i locali e li sistemiamo a modo nostro». Lavorare è una parola grossa, diciamo che infestate le città italiane con i vostri ‘negozi’ bengalesi. Potreste andare a pregare e ‘lavorare’ in Bangladesh.

«La situazione va risolta a livello sociale e politico, continuando con le chiusure non si risolve nulla – afferma Bachcu, presidente dell’associazione Duhuumchatu e organizzatore della manifestazione al Colosseo -. Una sala preghiera non può essere chiusa per un problema che riguarda l’urbanistica, pregare è un nostro diritto fondamentale e se insistono nel chiudere le moschee, continueremo a pregare nelle piazze».
«Venerdì prossimo, l’11 novembre, pregheremo in zona Prati», annuncia Bachcu, che spiega come i giovani islamici italiani di seconda generazione avessero in programma anche un flash mob di protesta: «Volevano andare a pregare Allahu Akbar in tutta la città, al Vaticano, nelle piazze o davanti alla chiese, per provocare. Alla fine siamo riusciti a fermarli, ma se partono queste iniziative, cosa facciamo?».

Siamo alle minacce. I vostri figli non sono italiani. Sono ospiti. Indesiderati.