Cinesi affamati di Asini: mattanza in Africa

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Un altro effetto perverso della Globalizzazione, è il boom del consumo di carne in Cina. Carne di gatto e cane. Ma soprattutto di asino.

La popolazione di asini in Cina si è ridotta da 11 milioni a 6 negli ultimi vent’anni e continua a ridursi di 300 mila unità all’anno.

Ma l’industria farmaceutica di Pechino è affamata della pelle dei somari che viene bollita e convertita in gelatina, ingrediente primario nel rimedio tradizionale dell’ejiao che secondo i cinesi migliora la circolazione del sangue, cura mal di testa, insonnia, tosse secca: un ‘toccasana’.

E soprattutto nelle regioni settentrionali la carne di asino è considerata una leccornia per imbottire i panini: è una specialità e si chiama lurou huoshao. Assicurano che sia anche afrodisiaca.

Così, come da manuale della globalizzazione, la Cina si è rivolta al mercato africano. Con esiti devastanti.

Il Niger nei primi sei mesi di quest’anno ha venduto (dopo averli abbattuti) 80 mila asini rispetto ai 27 mila di tutto il 2015; il Burkina Faso 45 mila su una popolazione di 1,4 milioni. In questi Paesi africani proliferano i macelli che vanno per le spicce e ci sono state proteste per l’acqua dei fiumi rossa di sangue. Un ulteriore effetto dannoso per l’ecosistema economico africano è stato l’abbandono di altri allevamenti a favore del somaro tanto ricercato dai compratori cinesi.

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E magari, dopo averla devastata, noi subiremo gli effetti migratori.

Ora Niger e Burkina Faso promettono di regolare questo mercato e fermare l’export verso la Cina. Ma non c’è da giurarci: un somaro costava 34 dollari prima dell’avvento dei mercanti farmaceutici cinesi a caccia di ejiao, ora 147 dollari al capo: un business troppo ricco per essere chiuso.

Già si segnala l’esistenza di un mercato nero degli asini perché la domanda da parte della Cina, con la sua popolazione di 1,3 miliardi di persone, è capace di destabilizzare qualsiasi Paese emergente.

«Come capita per altri animali, materie prime e risorse naturali, la scala della domanda cinese è tanto ampia che può rapidamente superare l’offerta di ogni singola risorsa», ha spiegato alla Cnn Eric Olander, fondatore del «China Africa Project». Per questo i governi che commerciano con la Cina hanno il dovere di regolare i flussi per non impoverire i loro Paesi e i loro popoli, ha concluso l’esperto.

In Sudafrica per esempio, la prospettiva del business ha condotto a razzie e al trattamento crudele degli asini da destinare alla vendita: a Bloemfontein è stato scoperto un centro di raccolta dove animali emaciati e sfiniti aspettavano di essere macellati e scuoiati per inviare la pelle in Cina e diventare gelatina.

Di fronte alla difficoltà di approvvigionamento per l’ejiao le imprese cinesi, specializzate nel taroccare i loro prodotti, stanno utilizzando pelle di altri animali, come muli, cavalli, maiali e bovini: tanto nessuno è in grado di riconoscere la gelatina.