Non si qualifica come uomo, e allora Callum diventa Hannah

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Cambia sesso. E ora vuole convincere l’Ahf a concedergli il nulla osta e poter giocare nella nazionale femminile e tentare la qualificazione a Tokyo 2020 dopo avere fallito con quella maschile la qualificazione a Rio.

Il protagonista della barzelletta che sta facendo ridere l’Australia – ma non i media – e il mondo della Pallamano, è Callum Mouncey, 26enne pivot della nazionale, che ieri ha annunciato ad Abc Sydney il suo prossimo esordio nella nazionale femminile del suo Paese, decisione che attende il nulla osta dell’Australian Handball Federation.

Sì, perché nell’attuale mondo liquido, Callum è diventato Hannah. Alto 190 cm per 100 chili di peso, nel 2013 il pivot di Canberra ha disputato il Mondiale in Spagna e ad ottobre 2015, smaltita la delusione per la mancata qualificazione all’Olimpiade di Rio, ha iniziato il processo di transizione per il cambio di sesso. Vuole provarci da ‘donna’.

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“Intendo far conoscere la mia storia – ha dichiarato – per promuovere e far accettare la diversità di genere nello sport e dimostrare che sono tanti gli atleti transessuali e quindi possa essere applicata la novità introdotta nel gennaio scorso dal Comitato Olimpico Internazionale, che ha stabilito la novità per gli atleti transgender di poter gareggiare tra le donne (se originariamente uomo) o viceversa, senza doversi sottoporre preventivamente ad un intervento chirurgico di riassegnamento del sesso, come era invece necessario prima”.

Demenziale.

PRECEDENTI — In realtà le linee guida si sono rese necessarie dopo che alcuni casi di iper-androginismo come quello della velocista indiana Dutee Chand (e prima ancora dell’ottocentista sudafricana Caster Semenya) avevano generato dei dubbi sulla categoria di appartenenza di alcuni atleti. “A dire il vero – obietta Mouncey – le novità introdotte dal Cio pur riguardando tutte le federazioni sportive, non sono delle vere e proprie norme ma vogliono riempire un vuoto legislativo, visto che in molti casi le singole federazioni non hanno una normativa in materia”. In pratica se le precedenti linee guida che risalivano al 2003 prevedevano esclusivamente l’intervento chirurgico seguito da almeno due anni di terapia ormonale, come certificazione dell’essere atleta uomo o donna, adesso quel che conta è il livello del testosterone, come indicatore che dirà se l’atleta dovrà gareggiare nella categoria maschile o in quella femminile. Tale livello (che per essere considerati donna non dovrà eccedere per un anno intero i 10 nanogrammi per litro) dovrà però essere raggiunto almeno un anno prima dell’evento sportivo al quale si deve partecipare.

Il prossimo, sarà l’uomo che deciderà di avere 10 anni ed esigerà – ovviamente per il rispetto della mitologica diversità – di giocare il mondiale Under 11.