L’emergenza dei sindacati? Il permesso di soggiorno a immigrati disoccupati

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Cosa dovrebbe fare un sindacato che perseguisse gli interessi dei propri iscritti? Cercare in tutti i modi di diminuire la concorrenza di altri lavoratori. E’ quasi banale. Elementare.

Quindi ci si aspetterebbe che i sindacati italiani fossero contrari all’immigrazione. E invece no. Anzi, sono tra i più fanatici sponsor. Il che fa capire che non sono sindacati, ma organizzazioni al soldi di altri poteri che se ne sbattono dei lavoratori italiani.

Ad esempio, l’ultima emergenza dei suddetti – Cgil, Cisl e Uil – è raddoppiare la durata dei permessi per attesa occupazione e una sanatoria per le gli immigrati disoccupati. “Troppi i permessi non rinnovati dalle Questure, così si crea lavoro nero e sfruttamento”. Il 28 giugno presidi in tutta Italia.

Bizzarro. Prima dicono che ‘abbiamo bisogno di immigrati per lavori che gli italiani non vogliono fare’, ora, ci dicono che abbiamo anche bisogno dei disoccupati. Ma se non hanno lavoro, che stanno a fare in Italia, le marchette alla Cgil che guadagna più con le consulenze ai clandestini durante le sanatorie che con i veri lavoratori?

Pare normale: perdi il lavoro? Se dopo 1 anno non lo trovi – andrebbe diminuito, non aumentato – torni a casa.

Il tasso di disoccupazione tra gli stranieri ha raggiunto il 17%, tutta zavorra che dobbiamo mantenere.

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È su queste basi che parte la mobilitazione nazionale promossa per il 28 giugno da Cgil, Cisl e Uil, con presidi davanti a tutte le prefetture italiane. Le richieste sono le stesse fatte ripetutamente e invano al governo in questi anni: “Prorogare a due anni della durata del permesso di soggiorno per attesa occupazione; sanare le posizioni dei migranti che hanno già perso il permesso di soggiorno; lottare contro il lavoro nero e il grave sfruttamento che ne scaturisce”.

Attenzione, non si tratta di parcheggiare per altri 12 mesi i disoccupati stranieri in Italia. La proroga a due anni del permesso per attesa occupazione verrebbe infatti vincolata “alla messa in atto di concrete politiche attive del lavoro”, come l’orientamento e la formazione professionale. Sia da parte dello Stato che dei diretti interessati dovrebbe insomma esserci l’impegno a creare le condizioni perché i disoccupati trovino un nuovo lavoro.

Intanto, però, bisognera anche dare una nuova possibilità a chi il permesso lo ha già perso, con una regolarizzazione. L’alternativa? Lasciare crescere ulteriormente il numero di irregolari: manovalanza senza diritti e a basso costo, alla mercé dei caporali e delle imprese che non rispettano la legge, e a svantaggio di tutti gli altri lavoratori, italiani e stranieri, e delle aziende che invece operano correttamente.

Manipolano e rovesciano la realtà, è l’unica cosa leninista che è rimasta a questi ormai manager della burocrazia. Il fatto è che sarebbero loro ad occuparsi – e quindi incassando soldi pubblici – del sedicente ‘orientamento’ dei disoccupati stranieri.

E quanto alla concorrenza: quella c’è se li fai stare qui, non se li mandi a casa. I sindacati sono una Mafia 2.0